La riflessione
Tra luci e ombre così l'Albania è diventata «Lamerica»
In occasione della ricorrenza dello sbarco della Vlora a Bari, la scorsa estate il premier albanese Edi Rama ha lanciato un ironico meme social: esodo al contrario.
A volte s’inverte. Cosa? Il flusso migratorio. Trentaseimila italiani trasferitisi in Albania. Il doppio dei 18mila a bordo del «Vlora» che l’8 agosto 1991 approdava a Bari. In occasione della ricorrenza, la scorsa estate, il premier albanese Edi Rama ha lanciato un ironico meme social: esodo al contrario.
Non si tratta solo di fuga dal carovita per connazionali delusi dalla fine del boom economico, dai fuochi fatui degli anni ‘80 e dal «sogno italiano» di Berlusconi.
Negli anni ‘90, questo giornale riportò in vita la «Gazeta Shqiptare», storico quotidiano albanese. Un contributo al nuovo destino dei dirimpettai costieri. L’Albania si delineava un eldorado per l’imprenditoria e l’iniziativa privata al trapasso del millennio, placatesi le turbolenze finanziarie dovute alla crisi del 1996, che vide l’esplodere della violenza di strada, le sparatorie e un caos uguale e contrario alla morsa ferrea dei tempi di Enver Hoxha. Il dilatarsi della bolla edilizia a Tirana e a Valona, trasforma in un baleno le due città in repliche di metropoli del terzo mondo che troneggiano fra panorami desolati e pervasi dalla miseria. Solo che l’Albania non è l’Africa o il Sudamerica. Né Tirana né Valona sono paragonabili, per esempio, a Lagos, la capitale della Nigeria, circondata dalla più gigantesca e apocalittica baraccopoli del pianeta. Il regime dittatoriale spazzato via dalla «fine della Storia», secondo la definizione di Francis Fukuyama (successivamente corretta), aveva lasciato un minimo di infrastrutture su cui rimodulare la crescita. Palazzinari del Bel Paese accorrevano a costellare l’Albania di cantieri dai quali sono sorti grattacieli, ipermercati, centri congressi, complessi residenziali d’alto bordo e soluzioni urbanistiche in via di decadimento da questo lato del mare. Complice anche una deregulation che riduce o azzera la piaga della burocrazia. Il paradiso dei ricchi? Neanche tanto. I resort costieri permettono vacanze a buon mercato concorrenziali perfino con i carnai rivieraschi della Romagna.
A questo si accompagnano opportunità di più ampio raggio. Nel 2013, l’imprenditore romano Francesco Becchetti apre a Tirana la Agon Channel, una rete televisiva italofona, la cui denominazione, che significa «alba», riprende quella dell’originaria televisione nazionale. Vi convergono, fra gli altri, Veronica Maya, Simona Ventura, Massimo Ghini e Antonio Capranica, quest’ultimo alla direzione delle news, che poi lascerà nel 2014, quando la mano passerà a Giancarlo Padoan.
Inizialmente, l’appeal di Agon Channel è forte per una schiera di teleprofessionisti che si sentono compressi fra la Rai e Mediaset, entrambe anchilosate su modelli di programmazione che non paiono rispondere alle sfide imposte dai mutamenti dell’era digitale. Il generalismo della rete di Tirana, al contrario, soddisfa più o meno tutte le fasce di spettatori. Anche se alla fine vince la compattezza e l’esperienza dell’apparato bipolare italiano e nel 2016, dopo ripetuti cambi di frequenze, Agon chiude.
Non manca comunque il dark side. Preoccupanti le dichiarazioni del primo ministro albanese di un anno fa, allorché parlò di un «contrabbando di vaccini», effettuato con Di Maio. Frase sulla quale si è aperto un dibattito non ancora esaurito. Oggi, all’inversione migratoria si affianca un progetto che circola nei media con l’appellativo preoccupante di «Guantanamo italiana». Sarebbe la creazione in Albania di centri di accoglienza per i disperati dei barconi. Si renderà necessaria una collaborazione tra le forze dell’ordine e le autorità istituzionali dei due Paesi, per evitare gli errori commessi con gli arrivi dall’Africa. Al netto di questo, l’Albania non si potrà più confinare nel novero dei Paesi in via di sviluppo, perché in pieno sviluppo. Il «ritravaso» da una sponda all’altra dell’Adriatico meridionale capovolge la visione de Lamerica, il film di Gianni Amelio. Adesso è la Terra delle Aquile a stagliarsi lungo l’orizzonte con una striscia scura da cui si alzano brume di promesse.