L'editoriale
La Gazzetta alla conquista del futuro
Le parole del direttore Mazza: "È come se avessi la Gazzetta tatuata sulla pelle. Farò del mio meglio per portare avanti la visione degli ultimi tempi nel solco di una virtuosa continuità"
Qando Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse, rimasi interi pomeriggi incollato alla tv a seguire le dirette e gli speciali della Rai. Chiesi a mio padre di procurarmi dei fogli bianchi e un pennarello per provare a disegnare la prima pagina di un giornale. Avevo appena 7 anni e volevo già fare il cronista per raccontare tutto quello che vedevo e venivo a sapere.
Dall’esordio sulle colonne della Gazzetta, avvenuto il 19 marzo del 1991 in qualità di corrispondente dal mio amato paese, San Marzano di San Giuseppe, ad oggi che mi ritrovo a scrivere il mio primo editoriale da direttore, sono passati 32 anni e mezzo. Una stagione lunghissima, che ho attraversato con rigore e devozione, passando dai campi polverosi di periferia agli eventi di livello nazionale e internazionale.
È come se avessi la Gazzetta tatuata sulla pelle. Farò del mio meglio per portare avanti la visione degli ultimi tempi nel solco di una virtuosa continuità. Ma farò ancora di più per riportarla ai vecchi fasti, quando era la voce più autorevole e ascoltata della Puglia e della Basilicata, fornendo un’immagine di un Sud determinato e propositivo.
Ci sono tante storie da raccontare e tante voci da far ascoltare. Tutti i giornalisti della Gazzetta continueranno ad essere impegnati a fare del buon giornalismo: serio, onesto, coraggioso, ma soprattutto rispettoso dei lettori e delle notizie. Perché la nostra missione è contribuire a migliorare l'immagine di un territorio che ha già fatto passi da gigante ma che ha ancora un grande bisogno di raccogliere le sfide che offre la contemporaneità. Sfide che richiedono risposte, progetti, decisioni, rapidità, meno demagogia e più sincerità.
In palio c’è il nostro futuro, la capacità di attrarre idee, investimenti, lavoro. In gioco c'è finalmente la possibilità di colmare un deficit infrastrutturale che risale a decenni fa: abbiamo bisogno di treni veloci, collegamenti aerei capillari con le principali città d’Italia e del mondo, una rete viaria moderna, sicura ed efficiente. Elementi indispensabili per riuscire a trattenere, o far tornare stabilmente, i nostri figli, la ricchezza che stiamo perdendo.
Ho sempre pensato al giornale, alla nostra Gazzetta, come al frutto di un lavoro collettivo in cui tante individualità fanno gruppo, formando una comunità complessa, fatta di giornalisti, poligrafici, impiegati, collaboratori, fotografi, agenti pubblicitari. Una comunità sostenuta da chi il giornale l’ha fatto in passato, lasciando radici e impronte. E, passaggio decisivo, legittimata da chi il giornale lo legge, nelle varie declinazioni, dallo sfoglio della carta ai linguaggi digitali.
Ringrazio gli Editori Albanese e Miccolis per la fiducia accordatami e l’impegno economico profuso sinora, raccolgo il testimone da Oscar Iarussi, collega di grande autorevolezza e profonda conoscenza con il quale ho collaborato per far tornare la nostra Gazzetta in edicola dopo le note vicissitudini societarie e dal quale ho molto imparato nell’anno e mezzo di lavoro quotidiano, fatto di principi fermi e idee in movimento. Prometto rispetto verso questa storia di serietà ed eccellenza. Prometto una ricerca costante di creatività. Prometto dedizione e una attenzione ancora maggiore ai nostri territori, dai quali provengo, e anche alle minoranze: sono un arbereshe e sono orgoglioso di esserlo.
Leggere, informarsi, acquisire conoscenza: sono le luci da tenere accese. Dobbiamo farlo insieme, la Gazzetta e la sua comunità. Perché insieme tutto diventa possibile.