La riflessione
Sulla via dell’estate che finisce, le storie di orrore e violenza che scuotono l’animo umano
Ci interroghiamo su quali pulsioni possano muovere l'animo e la mano di un dittatore o scuotere l'equilibrio di un giovane
Undici milioni di italiani sulla via del ritorno e due misteri. Bagnata e ventosa, burrascosa o torrida che sia, la ripresa per i più è soprattutto lastricata dall’assillo per quello che ci attende. In colonna sulle autostrade o alle prese con gli ultimi rituali della vacanza, alla preoccupazione si accompagna la tentazione sempre duplice: prendere di petto i problemi che incombono, oppure eludere gli stessi.
Però quest’anno, insieme alle quisquilie, sembriamo inchiodati a due questioni di etica che declinano la fragilità del nostro stare nella storia e del confrontarci come attori della stessa.
Nella levitazione paradossale delle nostre pene, una è di ordine globale, l’altra più intima e personale. Per le stesse ci affanniamo a «capire» ma non troviamo una soluzione lineare.
Si confrontano due «misteri», quello del potere e quello del sesso, per la profondità oscura con cui brutalizzano entrambi la vita, asservendola, il primo, all'attrazione smisurata per i disegni di egemonia terrena, il secondo all'altrettanto sregolata attrazione per i giochi del piacere.
Ci interroghiamo su quali pulsioni possano muovere l'animo e la mano di un dittatore o scuotere l'equilibrio di un giovane, spingendo il primo ad annientare i suoi avversari e antagonisti, il secondo a violentare giovani inermi.
Lo avrete compreso. Il primo mistero attiene a quanto sta accadendo a livello internazionale nella guerra russo-ucraina, dove si registra la defenestrazione di una figura di primo piano come il generale Evgenij Viktorovič Prigožin. La sua uscita di scena, per quanto sollevi apparenti lineari risposte e spiegazioni, resta un guazzabuglio di interrogativi: se e come sia stato veramente privato della vita? per mano di chi? E con quali mezzi? Ciò che non si ammanta del mistero è solo la certezza che i potenti della terra non godono più di una vita tranquilla e che, insieme all’aura di gloria, devono sottostare alla spada di Damocle che da un momento all’altro più farli fuori. La storia sovietica, fino ai giorni nostri, così come le peripezie di altre autocrazie, sono percorse da eventi traumatici parzialmente incomprensibili e per questo misteriosi, in cui la repentina cancellazione dalla scena di uno dei protagonisti interroga la nostra intelligenza ma anche le nostre coscienze.
L’altro mistero con il quale dobbiamo confrontarci attiene più direttamente alla nostra vita privata ma si riverbera sul profilo collettivo della società e interroga le coscienze di genitori, padri, nonni, uomini perennemente misurati da interrogativi sulla vita, sul suo significato e il suo valore, sui modi con i quali riusciamo a trasmetterli ai nostri figli, ai giovani. Perché è il mistero violato della vita quello che ci si para dinanzi dopo gli ennesimi episodi di stupro di gruppo o di violenze di singoli.
Per le cronache sciagurate che rinnovano ed emulano l’orrore abbiamo bisogno di una spiegazione forse più alta e cauta di quella di un commento o di un chiacchiericcio sulla mala educazione. Dobbiamo prendere atto che tra le mutazioni in atto c’è anche quella che ci vede assistere impotenti, tra l’indifferente e il corrucciato, alla brutalizzazione dell’esistenza e alla perdita di qualsiasi valore del consesso civile.
Possiamo arretrare dinnanzi al primo di questi due misteri, quello che vede gli intrighi alla corte dei potenti del mondo disegnare le scene di una epica tragedia umana, nella quale a ordire le passioni sono i sentimenti distruttivi di una storia che avanza nonostante la malevolenza dei dittatori.
Non possiamo invece svilire il secondo di questi misteri, la preziosità e la tutela della vita, e non reclamare da noi stessi una capacità di recuperare quel senso di umanità che richiama al rispetto delle libertà dell’individuo, delle diversità e dei generi.