L'opinione
Il buon gusto in aula? Inutile imporlo per regolamento
Il punto è che i rappresentanti oggi rappresentano così bene la nazione da averne adottato anche le mode: sneakers di gomma al posto di scarpe di cuoio e camicia senza cravatta sotto la giacca
In estate è d’obbligo il pezzo balneare, retto più o meno dalla seguente filosofia: «Fa caldo, già ci avete stroncati con notizie agghiaccianti per tutto l’anno, se proprio dovete scrivere o parlare di politica, prendetela dal lato più leggero». Balneare, appunto.
Quest’anno il menù dei pezzi balneari ha trovato un fuoriclasse assoluto predisposto - secondo noi con la piena consapevolezza di guidare le hit parade d’estate - da un ordine del giorno di Fratelli d’Italia sul dress code del deputato. L’intento è chiaro: si chiedeva che i deputati ed ogni altra persona di sesso maschile che avesse il diritto di accesso alle sedi della Camera, dismettessero l’uso delle scarpa da ginnastica e riprendessero quello della cravatta. La cosa è rimbalzata dappertutto con interviste ad antichi arnesi da Transatlantico (il corridoio della Camera dei Deputati) che cinguettavano «cara signora, ai tempi miei tutti eleganti, mica questi ragazzacci di oggi», qualche sociologo, immancabili stilisti di haute couture e il ricordo di Cicciolina, che è vero che faceva di mestiere la pornostar, ma da deputata radicale si recava nelle aule parlamentari vestita come un’educanda ospite di un collegio svizzero. Che dire di questa risipiscenza estetica che sembra ispirata da San Giorgio Armani prima maniera? Il Parlamento è portatore di decoro in sé, perché rappresenta al livello più alto la sovranità popolare. In fondo è per la stessa ragione che da sempre il potere costituito e legittimato dal popolo ha avuto i suoi luoghi scintillanti, munificenti, abbondanti: un re, un capo dello Stato, ancorché espressione di una democrazia moderna, li trovi nelle regge, nei Palazzi come il Quirinale o l’Eliseo, non in anonimi parallelepipedi di color grigiolino e con arredo Ikea. Così le aule parlamentari e i palazzi di pertinenza. E così anche i frequentatori di questi spazi coreografici che raccontano dei popoli rappresentati. L’idea è quella di entrare in queste stanze in punta di piedi, rispettandone arredi, simmetrie, decori, perché, oltretutto, si tratta di proprietà pubblica e chi ci arriva è un inquilino che ha presenza limitata nel tempo. L’ideale sarebbe entrarci assistiti dal buon gusto. Ma, ahimè, il buongusto non si può imporre per regolamento. Per cui l’obbligo della giacca ha una sua resa quando si tratta di un abito di buona marca o sartoriale, diventa più problematico quando l’assemblaggio dei pezzi di abbigliamento è affidato al pensiero stazzonato di un armocromico assemblaggio di celestini deragliati verso rosa pallidi, con drappeggi di verde pisello (si è visto anche questo...).
Il famigerato ordine del giorno è stato dunque approvato, ma con qualche attenuazione: si è fatto rinvio all’Ufficio di Presidenza di Montecitorio (competente all’uopo) per la stesura del verdetto. Il punto è che i rappresentanti oggi rappresentano così bene la nazione da averne adottato anche le mode: sneakers di gomma al posto di scarpe di cuoio e camicia senza cravatta sotto la giacca. Si può essere rispettosi lo stesso del decoro dei palazzi? E perché no? Le sneakers, che peraltro sono comode per le lunghe camminate in transatlantico, le fanno anche di colore nero, non sgargiante come quelle di un camminatore di Santiago de Compostela. Quanto alla camicia sbottonata, beh, trovo francamente elegantissima una bianca sotto giacca e pantaloni blu. Di buon taglio, si capisce. L’importante è non fare come al Senato: lì senza cravatta proprio non si può e i compitissimi commessi all’ingresso sono tenuti a fornirle agli sprovvisti. E lì è la vendetta dei Senatori: la scelta è tra cravatte bruttissime e cravatte orribili, evidentemente rifilate a prezzi modici come reimanders che nessuno comprò mai. Metterle è così debilitante da lasciar desistere il visitatore. Meglio allora portarsele da casa. Fervorino finale: è bene che i rappresentanti del popolo vadano subito a prendersi le meritate vacanze. Per gli show fa meglio Checco Zalone, in giro per l’Italia.