L'analisi
La classe dirigente, il male di un Sud primo nemico del Sud
C’è un Sud principale nemico del Sud. Sud in cui tanto più le cose non funzionano, tanto più aumenta il suo potere. E fa di tutto perché nulla cambi, erede del Tancredi del «Gattopardo»
Ma questa classe dirigente, questa classe dirigente. Come tutti i salmi finiscono in gloria, così si conclude ogni discussione sul Sud. Classe dirigente incapace. Ma dico io, che ci stanno a fare, che li mandiamo a fare lì? Laddove per «lì» si intendono i luoghi del potere, in sintesi Roma. Non abbiamo il treno diretto Bari-Napoli: ma loro che dicono? Non abbiamo asili nido: e a loro non gliene importa? Una soddisfazione di avergliene suonate. E magari aver trovato la causa di tutti i mali del Sud. Con una domanda dello scemo: ma scusate, è possibile che in 162 anni di unità d’Italia non se ne sia mai trovato uno, uno solo decente?
Decente e, soprattutto, leggermente più vicino alla eventuale (invece) alta qualità di ogni altro meridionale. Come se il peggio fosse tutto concentrato lì. Con due possibili spiegazioni: o in politica ci vanno i peggiori, o è la politica a peggiorarli. Nell’Italia col più basso numero di laureati e diplomati d’Europa, e Sud che ne ha ancora meno. Va bene, non è necessario un titolo per valere, ci può essere comunque una cultura civile. Che non è solo conoscere l’alfabeto e fare i conti, è un approccio alla vita pubblica di tutti. Al bene comune non scambiato per quello privato. Dal pagamento delle tasse alla doppia fila in auto.
Ma non divaghiamo. La domanda è se questa classe dirigente unanimemente ritenuta inetta non spunti come funghi dopo un acquazzone. Come mai al Sud non ci sia quella borghesia virtuosa della quale parlavano i meridionalisti storici in verità senza troppo risponderci. E allora proviamoci, mettendoci al riparo da fischi e lazzi: è lo Stato a creare quella classe dirigente del Sud. Eh, sempre le colpe agli altri. Ma con la complicità di un Sud al quale va bene e ci mette di suo. Affermazione come lo scoppio di una batteria di tric-trac in una notte di quiete.
Perché c’è un Sud principale nemico del Sud. Sud in cui tanto più le cose non funzionano, tanto più aumenta il suo potere. E fa di tutto perché nulla cambi, erede del Tancredi del «Gattopardo». Il potere di una classe dirigente (politica) dal quale devi dipendere non essendo soddisfatti a sufficienza tutti i bisogni del Sud (dicono niente i famosi Lep, il livello di servizi al Sud sotto il minimo costituzionale e mai calcolati?). Non c’è lavoro e devi chiederlo a loro. Non ti fanno un esame in ospedale e devi ricorrere all’amico più efficace del tuo diritto. Un potere tanto più alto quanto più basso è il livello (appunto) di ciò che ti riconoscono. Che, eccoci, non dipende dal Sud ma dallo Stato.
Quella politica del favore sarebbe tanto meno provvidenziale (e invocata seppur disprezzata) quanto più lo Stato fosse equo e non iniquo verso il Sud. Partendo dalla spesa pubblica per ogni cittadino meridionale più bassa che per ogni cittadino centro-settentrionale. Dati dello stesso Stato, non dei neoborbonici. Di nuovo la domanda: ma quando si sono decise queste cose i politici meridionali non vedevano, non sentivano, non parlavano? Qui scatta quella caratteristica «estrattiva» della quale parla Pietro Massimo Busetta nel suo recente libro «La rana e lo scorpione».
Quei politici pensano sia a sé stessi, sia a quei meridionali più propensi a chiedere che a ottenere. Oppure ostaggi visto quanto non si ottiene al pari del resto del Paese. Politici che così «estraggono» arricchimento personale o più semplice arricchimento politico. Carriere spesso munifiche. In combutta con quel sistema del Nord interessato a conservare una ricchezza del proprio elettorato frutto anche di una diseguaglianza nazionale. Negli anni dopo la Cassa per il Mezzogiorno (quella buona iniziale), si parlava di «patto scellerato» fra il Nord privilegiato e arricchito e il Sud assistito in cambio di voti. Non vi diamo sviluppo, ma vi diamo da vivere se ci votate. Economia dello scambio.
C’è un Sud cui ancora oggi va bene così. Un Sud volente o nolente. Scusa, ma perché li votate? In verità non li scegliamo, visto che a farlo sono i partiti. E se gli eletti fanno tanto i meridionali, la prossima volta non li candidano più. Così del Sud si servono più che difenderlo, portandone dopo lo scalpo a Roma. Insieme a gruppi sociali più passivi che produttivi. Più sottrazione che addizione a danno degli altri. La svolta? Sud consapevole. E che sui suoi rappresentanti stia col fiato sul collo. L’opposto di quel Sud ormai convinto che non ci sia più nulla da fare, così è e così deve andare. Involontario complice di quella classe dirigente, ah quella classe dirigente creata altrove. Mentre tutto (o quasi) dimostra che tanto si fa al Sud e tanto si può nonostante tutto.