L'analisi

Il «tesoro» del nostro Sud, naturale baricentro tra l’Europa e l’Africa

Lino Patruno

Guarda che Sud. Ma davvero non può essere questo Sud a chiedere l’autonomia differenziata?

Guarda che Sud. Ma davvero non può essere questo Sud a chiedere l’autonomia differenziata? Ti affacci alla finestra sul Mediterraneo e vedi l’Africa a soli 146 chilometri. Una incredibile rendita di posizione nel centro del nuovo mondo. Pur essendo l’uno per cento dei mari mondiali, grazie anche al raddoppio del Canale di Suez dal Mediterraneo passa il 20 per cento del traffico globale, il 30 di quello petrolifero, il 27 di quello container. Una rivincita su Cristoforo Colombo che lo oscurò con l’Atlantico e la scoperta dell’America. Allora dopo Roma rinacque la globalizzazione che ora ritorna qui. E il Sud d’Italia ne è al centro.

L’Africa è il continente del futuro. Già molti suoi Paesi crescono più di Cina e India. E la sua popolazione (che nel 2050 arriverà a 2,5 miliardi) ha un’età media di 21 anni. Non sono soltanto i disperati dei barconi. Sono giovani che vogliono crescere, studiare, intraprendere, viaggiare, collaborare, diventare cittadini del mondo. E di fronte a loro c’è il Mezzogiorno d’Italia con le sue università, i suoi centri di ricerca (Cosenza il più importante per l’intelligenza artificiale), le sue Zes (zone economiche speciali per favorire gli investimenti), le sue accoglienti città, le sue bellezze culturali e artistiche. Un Mezzogiorno in cui c’è tanto da fare da essere una attrazione per chiunque voglia fare.

In Africa in questo momento ci sono tante potenze sia pure con scopi diversi. Ci sono i cinesi, ci sono i russi, ci sono i turchi, ci sono (meno) gli americani. Tutti tranne l’Europa. Che per questo vuole Bruxelles nel Mediterraneo. Vuole uscire dalla strettoia dell’Europa del Nord e dalla conflittualità di quella dell’Est, collegando Stoccolma e Oslo all’antico Mare Nostrum e rifacendolo diventare anche suo. Una ricucitura che passi dal Ponte sulla Stretto di Messina e apra rotte anche verso il Far East, l’Estremo Oriente. Col Mezzogiorno hub strategico col sistema dei suoi porti che accolga un traffico mai visto di merci, persone, idee, diplomazie. Perché qui c’è il punto di incontro di quattro grandi aree economiche. I cui Paesi sono il 13,4% del Pil mondiale e il 16,3% della popolazione.

In mezzo c’è il Sud. Baricentro. Da dove ripartire facendo ripartire anche l’Italia e l’Europa. Con investimenti in corso, censiti nel secondo Libro Bianco «Verso Sud» presentato di recente a Sorrento dall’Ambrosetti. Dalla più grande giga-factory d’Europa in Sicilia (pannelli per l’energia solare), alla costruzione del primo computer quantistico d’Italia in Campania, al primo spazio-porto a Grottaglie. Col Sud primo produttore nazionale di energia alternativa e primo consumatore, in collegamento con quella prodotta in Nord Africa (e che oggi passa da una parte all’altra in nave e non solo con costose linee trans-nazionali).

E poi l’Economia del mare al Sud: il 47,9% del totale nazionale, il 37,5% degli occupati, il 30,4% del valore aggiunto. Sud senza il quale non ci sarebbero in Italia l’85% di auto e camion, non ci sarebbero la maggior parte degli aerei e dei loro componenti, non ci sarebbe buona parte dei farmaci, non ci sarebbe gran parte della moda di lusso maschile (ah, Napoli e Puglia), non funzionerebbero cellulari e computer (in testa i microchip di Catania). Non ci sarebbe la dieta mediterranea. Che non è solo un modo (patrimonio dell’umanità) di alimentarsi, ma uno stile di vita con miliardi di aspiranti imitatori. Senza dimenticare il turismo, che oggi richiama non più del 12,7% di stranieri comunque in crescita.

Questo Sud è la terza economia del Mediterraneo. I suoi 20 milioni di abitanti (sia pure in calo per denatalità e emigrazione) sono il 34% d’Italia e al sesto posto in Europa (dopo Germania, Francia, Nord Italia, Spagna, Polonia). Ben 12 Paesi europei sono più piccoli della sola Campania. Il suo territorio è più del 40 per cento nazionale. Esporta nel 91% dei Paesi del mondo e il suo tesoro agricolo è il primo d’Europa. E se il Sud fosse uno Stato autonomo sarebbe la settima potenza manifatturiera d’Europa, prima di Paesi come Olanda e Portogallo.

Se fosse uno Stato autonomo. E questa autonomia spacca-Italia pretesa dai ricchi, non è che al Sud non stia attizzando pensieri andando oltre. Andare da soli. Senza dover esosamente dividere né Pnrr né gli altri fondi europei con altri. Tenendosi solo la sua parte (molto minore) di debito pubblico. Tentando di provvedere da sé a tutto ciò che finora lo discrimina, dai servizi pubblici, ai collegamenti, alle infrastrutture. Mettendo in moto la sua locomotiva che sarebbe tanto utile all’intero Paese. Sud che ha bisogno solo di mezzi alla pari per schizzare e non dover sempre fare tutto col nonostante tutto. Dover fare sempre il più col meno. Lo ha capito l’Europa, non lo vuole capire la suicida Italia.

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