La riflessione

Pnrr, immigrazione, debito: il futuro del governo passa dalle alleanze in Ue

Gaetano Quagliariello

«Il centro nevralgico dei problemi politici più seri e pregnanti si colloca in Europa e nel rapporto con l’Europa»

Il 25 aprile si è svolto il gioco delle parole. La storia è la mia materia ma ho evitato di prendervi parte, seppure con uno scritto o con un pensiero. Non perché ritenga il rapporto tra storia d’Italia e antifascismo un problema di poco conto. Anzi: proprio perché terribilmente serio, non è la presenza o l’omissione di un termine in una lettera che cambia le cose. Serve un approfondimento fatto di analisi e di conseguenti comportamenti che descriva un processo e che, proprio per questo, in nessun caso si può risolvere con una presa di posizione in occasione di una ricorrenza.

E poi non ritengo che sia su quel terreno che si giocherà la sorte prossima ventura della Premier e del suo governo. Per un intreccio di ragioni che cercherò di dipanare, a me pare piuttosto che il centro nevralgico dei suoi problemi politici più seri e pregnanti si collochi in Europa e nel rapporto con l’Europa.

E’ lì, innanzi tutto, che si sta giocando la partita del Pnrr: occasione unica per il Paese e la sua modernizzazione la cui terza rata, però, resta sub iudice perché non siamo ancora certi di poter adempiere gli impegni assunti al momento della sua concessione. Per l’Italia sarebbe un danno di sostanza e di reputazione. Si ha un bel dire che le regole alla base di quel finanziamento straordinario sono state negoziate da un altro governo. Chi guida il Paese ha il compito di garantire la soluzione dei problemi nelle condizioni date e, a tal fine, scaricare le responsabilità sui predecessori non aiuta di certo.

Ancora più rilevante va poi considerata la trattativa sul nuovo Patto di stabilità. Anche in questo caso solo chi è in malafede potrebbe attribuire all’attuale esecutivo anche solo quota parte della condizione di debolezza endemica provocata dalle dimensioni del debito pubblico. Ciò non toglie, però, che se le nuove regole non forniranno il margine per distinguere tra «debito buono» e «debito cattivo», costringendo a repentini rientri conseguibili solo attraverso tagli e nuove tasse, la condizione di famiglie e imprese già gravata da un’inflazione ancora troppo alta e fuori controllo, si farà ancora più difficile suscitando una scontata ondata di mal contento.

Dall’Europa passa anche l’emergenza immigrazione. Si tratta, in questo caso, quasi di una nemesi storica: il governo che ha manifestato i propositi più duri nei confronti del fenomeno è quello che fin qui sembra meno in grado di tenere sotto controllo gli sbarchi. La gestione della tragedia di Cutro, in tal senso, ha certamente aggravato le sue difficoltà. Immaginare una soluzione del problema prescindendo da una strategia europea è pressoché impossibile e, proprio per questo, la situazione nella quale si trova l’Italia rappresenta un ulteriore punto di debolezza nel suo rapporto con Bruxelles.

Quest’agenda così fitta interagisce con una scelta di posizionamento politico che la Premier e il suo partito dovranno presto assumere per l’imminenza delle prossime elezioni continentali. Dovranno decidere, per l’essenziale, quali alleanze stringere: approfondire il dialogo con il Partito Popolare fino a concepire una forma di affiliazione come vorrebbe il Presidente Manfred Weber, ovvero puntare su una ribadita autonomia dei Conservatori, contando su un successo elettorale da spendere semmai all’indomani delle consultazioni. Tra queste due opzioni estreme ve ne sono altre intermedie. In ogni caso, la scelta condizionerà non poco la posizione dell’Italia sullo scacchiere europeo collocandola più prossima al tradizionale asse franco-tedesco o più funzionale alle strategie del gruppo di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia) che la centralità di quell’asse vorrebbe mettere in discussione.

Giorgia Meloni, se saprà giocare questa complessa partita, ne uscirà rafforzata insieme al governo che presiede; se di contro dovesse sbagliare, non è difficile profezia che l’esecutivo entrerà in una zona di turbolenza. Nell’assumere le sue determinazioni, in ogni caso, farebbe bene a non contare troppo sull’odierna mancanza d’alternativa a lei e alla maggioranza che la sostiene. L’esperienza, non soltanto italiana, ha infatti insegnato che quando le difficoltà di un Paese si accrescono troppo superando il limite del fisiologico, le alternative si palesano all’improvviso, anche se fino a poco prima ritenute immature. A giusto titolo si può ritenere che ciò quasi mai è un bene. Non di meno, è quello che accade.

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