L'analisi
Dieci anni di Xylella, il più grande genocidio ambientale
È stato il più grande genocidio nella storia dell’umanità. E deve consolare che i milioni di vittime non siano esseri umani ma alberi
È stato il più grande genocidio nella storia dell’umanità. E deve consolare che i milioni di vittime non siano esseri umani ma alberi. Perché gli ulivi ci accompagnano al mondo da migliaia di anni. Gli ulivi siamo noi. Anzi molti sono ancora lì dall’antichità con i loro occhi pietosi che ci hanno vegliato generazione dopo generazione. E quando qualcuno in Puglia ha tentato di salvarli dalla Xylella, si sono levate campagna di odio che facevano più paura del flagello che si abbatteva nella stupidità generale. Tutti pare che volessero salvarli. Quasi tutti hanno fatto di tutto per farli morire. Perché qualsiasi cosa dicessero quelli che più capivano, era subito massacrati da quelli che meno capivano.
Purtroppo molto più che i No Vax, i No Terratondisti, i No Eppur si muove, i No Punto e basta. Erano difensori molto più letali di esecuzioni di massa. Alleati del Male assoluto.
Così oggi rievochiamo dieci anni di massacro di vicini di casa che se ne sono andati in una pietà generale non meno perniciosa dell’indifferenza generale. In una ostilità che a ogni intervento voleva sostituire la scienza con la magia, come oggi si vuole combattere la siccità con la danza della pioggia. Anzi i vescovi salentini organizzarono una Via Crucis contro i salvatori ritenuti molto meno degni degli sterminatori. E i tribunali hanno avuto più in sospetto gli studiosi che i cretini pronti all’uso contro chiunque sollecitasse il sacrificio di qualcuno per evitare quello di tutti. Così oggi ci ritroviamo in Puglia con 25 milioni di ulivi già morti, infetti o col rischio di infettarsi. Ci ritroviamo con la Xylella che per grazia ricevuta ha fatto 160 chilometri da Gallipoli al Barese. Grazie a chi avrebbe voluto fermare il vento con le mani. Criminalizzando chiunque tentasse di far ragionare l’ottusità collettiva.
Così questi dieci anni di sacrificio consapevole dei sacri ulivi di Puglia sono stati un festival macabro di incompetenza elevata a saggezza. Di attendismo elevato a furbizia. Di demagogia elevata a filosofia. Di misere scelte politiche elevate a lungimiranza. Di minuetti regionali. E vade retro chiunque avesse sostenuto con tanto di attestato di studio che di ulivi se ne dovesse (purtroppo) abbattere uno per risparmiarne cento. Un complotto. Vogliono desertificarci per fare della regione una distesa di campi da golf. Sono alla mercé dal partito degli avocado e delle banane.
Sono pagati dalle multinazionali dei pesticidi. C’è la mano dei soliti amerikani. Così invece dei campi da golf ci ritroviamo campi infiniti di scheletri che qualche visionario umanista ha pensato di risarcire facendone sculture tanto macabre quanto ipocrite. Un camposanto di bruttezza riesumato in bellezza. Riciclaggio della cattiva volontà in buona volontà.
Magari a favore degli ulivi non si poteva fare molto come quando il Covid ci ha preso alle spalle, come quando la Xylella non l’abbiamo vista arrivare. Ma di sicuro si è fatto molto per non fare neanche il minimo che si potesse. Negazionisti da titolo dei giornali, ecologisti da pensosi convegni, giornali e tv da occhiolino al volgo, piazze tumultuanti di intimidatorie ricette divine, politici e amministratori più attenti al prossimo voto che alla prossima generazione, voltagabbana a tanto al chilo, insipienza spacciata per buonsenso, politicamente corretto iniettato come cura. E insettivologi, entomologhi, botanici, biologi, epidemiologi additati come untori a una pubblica opinione drogata da deliranti richiami alla lotta contro i demoni che vogliono distruggere la Puglia e la sua civiltà, il suo paesaggio, la sua identità. Vogliono una soluzione finale molto meno finale di quella tanto a lungo partorita senza un ravvedimento.
Così ora la Xylella avanza trionfale come il carro della storia su montagne di cadaveri. Così è arrivata nella terra tanto inviolabile degli ulivi monumentali quanto così violabile si è reso tutto finora. E mentre la gente del fare si è data da fare con cultivar più resistenti, con innesti più promettenti, con buone pratiche tanto a lungo dimenticate, col minimo che sempre si sarebbe dovuto fare per ottenere il massimo, resiste ancora il partito dei collaborazionisti di un insetto avvelenatore che minaccia anche altri campioni del tesoro agricolo di Puglia. Insomma si corre ai ripari per combattere una evenienza fatta diventare emergenza. Mentre il Tribunale della Storia finora ha collezionato avvisi di garanzia e processi e stati di accusa più per i medici che per i complici del disastro.
Ora si richiama la legge di Atene che prevedeva la condanna a morte per chiunque avesse abbattuto un ulivo. Andrebbe aggiornata contro chi la condanna a morte l’ha decretata contro gli ulivi di Puglia.