L'opinione
Ma gli italiani sono stanchi di sentire destra e sinistra
Due donne a confronto, o forse no, semplicemente rappresentano le loro posizioni politiche: destra, sinistra. Si oppongono senza in realtà giungere ad alcuna conclusione, a un dato concreto
Due donne a confronto, o forse no, semplicemente rappresentano le loro posizioni politiche: destra, sinistra. Si oppongono senza in realtà giungere ad alcuna conclusione, a un dato concreto. La politica portatrice di slogan che si persegue oramai da anni non conduce l’Italia a nulla né costruisce. È un modo di fare politica che può al momento riscuotere consensi poi… i cittadini si accorgono che sono solo parole, «mera chiacchiera», «un semplice mezzo per raggiungere un fine» (Arendt). Comprendono i giochi. In fondo, diciamocelo non è difficile.
Mi chiedo, come è stato saggiamente detto da alcuni, perché non si s-parli di meno e si studi e lavori di più.
In attesa del nuovo: un dibattito politico tra il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, e la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, non so quanto abbia entusiasmato o convinto, c’è chi invece di ascoltare rideva o era col capo chino sui propri smartphone (che spettacolo!?!). Non è come ascoltare Berlinguer e Almirante, e questo non per parlare di passato, appunto, attendiamo il nuovo, ma per rendere chiaro – per quanto possibile – che si dovrebbe far uso della parola con una certa cura e che il discorso oltre a risultare persuasivo dovrebbe produrre dei risultati, conciliare, ma soprattutto deve essere un ragionamento che includa una visione, un progetto lungimirante. La politica dell’hicet nunc non sa come guidare i cittadini del domani né immagina qualcosa per l’amata «Patria».
Osservare il presente, conoscere il passato per programmare il futuro. Non sono più indispensabili nemmeno i movimenti di protesta, la fine è nota. La rassegnazione, la non fiducia non consolidano una società, al contrario. Le parole hanno un peso specifico: ascoltando degli economisti autorevoli (e non narcisisti approssimativi), cito in particolare Boeri o Cottarelli, si ha un’altra percezione della realtà. Il cittadino comprende le proposte che siano il salario minimo e altri provvedimenti che le nostre rappresentanti istituzionali non spiegano, non dicono cosa comporti l’uno, cosa comporterebbe l’altro… non ci raccontano verità. D’altronde, troppe disposizioni in Italia o disegni di legge vengono varati senza – probabilmente – conoscere gli effettivi benefici.
Si parla di «ecosostenibilità», di «politiche green»... ma, in sostanza, di verde e di difesa dell’ambiente ci sono solo le parole peraltro americanizzate come molte altre che a lungo andare se non supportate da azioni ragionevoli diventano démodé con la percezione concreta di un nulla di fatto. La politica del «bla-bla», dell’approssimazione, degli slogan, della non curanza, del «prima di partire sai a cosa vai incontro», e prima di parlare senza pensarci a quanti problemi si va incontro? A quali rischi si incorre? Oltre al solito pourparler o peggio alle tempeste di commenti spesso violenti e aggressivi (i cosiddetti shitstorm) dei social,o dei vari talk show. Il senso di responsabilità spesso viene a mancare, così come il rispetto per il ruolo istituzionale che si riveste.
Al momento, le due donne dimostrano di essere audaci, forti, responsabili (vedremo), ciò che nella complessità è invece evidente è il valzer dell’approssimazione. La politica del fare senza quella del pensare non produce benessere, la politica del dire è «solo fumo nell’aria o schiuma nell’acqua» e le parole se non supportate da un pensiero critico, approfondito, responsabile sono come un soffio di vento che spinge «ora da qui, ora da lì con veemenza, e cambia nome mentre cambia direzione» (Psicologia di Dante, Mimesis). Di sicuro, un atto coraggioso quello del Presidente del Consiglio di presentarsi nell’assemblea della CGIL, dal suo discorso ha prevalso l’apparente desiderio di dialogo, di confronto. Nel frattempo emerge una proposta di sciopero generale o forse no, meglio mobilitazione unitaria a maggio? Chissà. Sappiamo che di «unitario» in Italia c’è ben poco. Ma i cittadini sembra che si infervorino solo per le partite di calcio, mettendo a ferro e fuoco le città. Emerge un poco amore verso sé stessi, una noncuranza del proprio territorio e una inosservanza di regole, oltre al fatto che gli «ospiti» che rispettano le norme nel loro Paese diventano «ostili» e le trasgrediscono in Italia.
L’Italia è il Paese del tutto è possibile? È anche il Paese delle maschere: Pulcinella, Arlecchino, Balanzone, Pinocchio. Si preannunciano tempi migliori? Dal 2000 a oggi non ci sono stati né da un profilo socio-economico, né politico. Forse in questo ultimo periodo dall’inizio della diffusione del Covid a oggi ad aumentare è stato il disinteresse per la politica: «azione» e «discorso» che sono strettamente connessi non rivelano più l’identità personale, non caratterizzano l’ordito sociale, ma si perdono nelle relazioni umane slabbrate e si contraddicono vicendevolmente mostrando attori, anziché autori, alla ricerca di un palcoscenico dove dimostrare di essere senza riuscirci, come quei Sei personaggi in cerca d’autore (Pirandello). E «l’Italia s’è desta»? Non ancora. Attende Scipione.