Il caso
Latiano, per il centro «Marco Cavallo» ora tocca alla Regione
«Marco Cavallo» era il magnifico cavallo azzurro, fatto di legno e cartapesta, con la pancia piena dei pensieri e dei desideri degli ospiti dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste
«Marco Cavallo» era il magnifico cavallo azzurro, fatto di legno e cartapesta, con la pancia piena dei pensieri e dei desideri degli ospiti dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste. Era alto 4 metri e per farlo uscire dal recinto del nosocomio si dovette picconare un ingresso, e quello fu un modo anche simbolico per rompere la dimensione carceraria in cui veniva imprigionato il disagio mentale. Era il lontano 1973 e da quell’esperienza, sotto la guida rivoluzionaria di Franco Basaglia, si avviò il percorso di liquidazione dei manicomi.
Perché ne parlo? Perché anche in Puglia c’è un «Marco Cavallo»: non è un manufatto ma è un’esperienza bellissima, un cammino di guarigione e di libertà, che non merita di finire nel mattatoio della burocrazia o dell’indolenza politica. Si tratta di un Centro sperimentale di salute mentale nato nel 2008, a Latiano, in provincia di Brindisi, e cresciuto su impulso di quelli che chiamiamo «matti» e dei loro familiari, di volontari e di operatori sanitari, con il sapiente accompagnamento della Asl competente. Si tratta di rompere non solo l’idea di una medicina punitiva e violenta, quella dei letti di contenzione e degli elettrochoc, ma anche di superare la verticalità di un modello di cura incapace di ascolto e di apprendimento.
Nel maggio 2009 questa inedita esperienza di solidarietà e di democrazia si trasforma in un progetto che viene successivamente finanziato dalla Regione: si tratta di dare forza e respiro a un metodo di lavoro i cui risultati erano assai significativi sia dal punto di vista terapeutico che da quello della complessiva crescita culturale di un territorio.
Con le prime dotazioni di risorse pubbliche questa esperienza ha potuto fare un salto in avanti, soprattutto con la possibilità di inserimento lavorativo dei Sepe (Soci Esperti Per Esperienza) che nel frattempo erano nati all’interno della Associazione: sono figure la cui esperienza diretta di emancipazione dalla sofferenza psichica aiuta a fluidificare le relazioni tra operatori e pazienti delle reti assistenziali.
Per dieci anni queste figure strategiche hanno potuto continuare a lavorare, godendo di proroghe continue dei loro contratti. Tutte le autorità, a livello regionale e nazionale, e persino il Cnr, hanno riconosciuto il valore di questa sperimentazione.
Negli anni si è provato a «mettere a regime»; il Centro, ma il cammino è stato difficile: infatti i «paletti» amministrativi, sempre più legati al paradigma della «retta», non prevedono la tipologia innovativa messa in campo a Latiano, anche se consentita dalla Legge Regionale n. 26 del 2006 sui servizi di salute mentale che prevede: «gestione, in via sperimentale, di forme di autogestione di Centri Diurni da parte di utenti e gruppi di self help». E infine, anche se nel 2019 è stata approvata una delibera che vuol regolamentare i Centri Diurni Cogestiti, il percorso per rendere operativa la stessa delibera ha continuato ad essere in salita, aumentando nel contempo pregiudizi «tecnici» e miserie burocratiche.
Il tavolo di lavoro presso la Regione, lentamente e faticosamente attivatosi negli ultimi mesi, nell’ultimo incontro ha partorito una proposta che ridimensiona i già scarsissimi fondi a disposizione del «Marco Cavallo»: ciò significa un drastico ridimensionamento delle sue attività e la cancellazione di fatto della presenza di quei Soci Esperti che hanno rappresentato l’architrave decisivo dell’esperienza socio-terapeutica, proprio perché sono stati il cuore dell’innovazione messa in campo, in linea con orientamenti nazionali sempre più cogenti, in sintonia con le esperienze più avanzate che già esistono in molte regioni.
Se il riconoscimento dei Soci Esperti inciampa in barriere normative, nonostante essi operino straordinariamente da oltre un decennio e siano testimonianza vivente di come si barriere possa trasformare in realtà una speranza di futuro e inclusione, allora è proprio qui che occorre lo scatto decisivo verso il progresso, il coraggio del cambiamento non solo enunciato. Le norme vanno pensate e costruite a tutela delle persone e del loro benessere. Spero di cuore che la Regione possa accogliere questo appello. Lo spero perché tocca alla politica prendere il piccone e rompere il muro che impedisce di fare ciò che è giusto fare, ciò che è necessario, soprattutto per chi vive in una condizione di fragilità.