L'opinione

Livelli essenziali e sistema dei trasporti: ecco l’ennesimo sotterfugio per evitare di risolvere i problemi

Angela Stefania Bergantino

La riforma della Costituzione del 2001 ha infatti previsto (art. 117) che le Regioni abbiano potestà legislativa su una lunga serie di materie, tra cui «porti e aeroporti civili» e «grandi reti di trasporto e di navigazione», per le quali lo Stato mantiene però la determinazione dei servizi essenziali

Una delle questioni cardine attorno a cui ruota la discussione sull’autonomia differenziata sono i cosiddetti LEP, cioè i Livelli Essenziali di Prestazione. In questo articolo proveremo a spiegare, anzi prima ancora a capire noi stessi, di cosa si tratta, a proposito di una delle materie che dovrebbero essere oggetto del nuovo rapporto tra Stato e regioni: i trasporti.

La riforma della Costituzione del 2001 ha infatti previsto (art. 117) che le Regioni abbiano potestà legislativa su una lunga serie di materie, tra cui «porti e aeroporti civili» e «grandi reti di trasporto e di navigazione», per le quali lo Stato mantiene però la determinazione dei servizi essenziali. Finora le regioni che si sono spinte a chiedere la maggiore autonomia a tale riguardo sono state la Lombardia e il Veneto, soprattutto con riguardo all’acquisizione al demanio regionale delle reti ferroviarie, autostradali e stradali e i porti. Anche però riguardo al trasporto pubblico locale che, non essendo citato dalla Costituzione, è stato inteso come ambito residuo delle regioni. Dunque, il controllo quasi totale della mobilità regionale. La vera «contrattazione» tra Stato e regioni deve tuttavia ancora cominciare (se mai comincerà) ed è possibile che altre regioni rivendichino un’autonomia differenziata su tali materie.

Ma veniamo ai Lep sui trasporti, a partire dal trasporto pubblico locale. A leggere il testo della Costituzione si tratterebbe dei livelli di servizio «concernenti i diritti civili e sociali» che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Molti dei servizi di trasporto ricadono in tale categoria perché riguardano il «diritto alla mobilità», un diritto non presente nella Carta ma che è ormai un punto di riferimento imprescindibile nelle politiche urbane dei trasporti. Come viene garantito tale diritto civile e sociale? Fornendo servizi di trasporto urbano e interurbano, garantendo la manutenzione delle reti stradali, costruendone di nuove, facendo contratti con le concessionarie di autostrade, con le società ferroviarie ecc. Alcuni di questi servizi sono già gestiti a livello locale: il trasporto pubblico, ad esempio, è gestito dai Comuni e dalle Province che hanno contratti di servizio con aziende di trasporto; quello ferroviario dalla Regione che stipula contratti con gestori ferroviari ecc.

Come finanzia lo Stato il trasporto pubblico locale? Con meccanismi basati soprattutto su quanto è stato dato nel passato, il cosiddetto «storico». L’anno scorso, per esempio, il Fondo statale per il trasporto pubblico locale è giunto alla cifra di 4,95 miliardi di euro, che provengono dalla fiscalità generale e vengono distribuiti da Roma alle regioni secondo delle percentuali (pesi) stabilite l’ultima volta nel 2017.

Se prendiamo l’ultimo anno «normale» di riferimento, il 2019, alla Puglia sono toccati secondo questo criterio di distribuzione 395 milioni. Al Veneto e all’Emilia-Romagna, cioè due regioni simili per popolazione ed estensione alla Puglia, e che hanno chiesto di avanzare a grandi passi sulla strada dell’autonomia differenziata, sono arrivati rispettivamente 402 e 359 milioni. Ma il Veneto, che prende pochi milioni di euro in più della Puglia ha circa il 20% in più della popolazione della nostra regione e l’Emilia-Romagna, che prende invece il 15% in meno per il trasporto pubblico locale, ha il 10% di popolazione in più.

Si dirà, giustamente, che bisogna guardare all’efficienza dei diversi sistemi di funzionamento del servizio pubblico locale. Un recente Rapporto nazionale sui trasporti, fatto da Invitalia e del Dipartimento degli affari regionali e delle autonomie, offre due indicatori utili a riguardo: i posti-km offerti dalle diverse regioni (per migliaia di abitanti), e qui il dato della Puglia 2,3 posti-km non differisce molto da quello dell’Emilia, 2,6 ma moltissimo da quello del Veneto: 5,3; ma è l’altro dato che colpisce, quello dei passeggeri trasportati in relazione alla popolazione residente. Mentre in Puglia per ogni abitante ci sono 37 «viaggi» all’anno, in Emilia-Romagna 131 e in Veneto ben 298.

Questo sistema in realtà doveva essere superato da una dozzina di anni. Una legge del 2010 aveva infatti introdotto il concetto di «fabbisogno standard», cioè quanto realmente necessita un Ente Locale, in base alle sue caratteristiche territoriali e agli aspetti sociodemografici della popolazione residente. Dal fabbisogno standard, attraverso l’applicazione di un costo standard si arriverebbe così alla copertura dei Livelli essenziali di prestazione.

Il problema è che, sebbene si parli da una decina di anni di Lep per il trasporto pubblico locale - un ambito dove l’autonomia regionale esiste già! - non è ancora chiaro di cosa si tratti e dunque come si possano calcolare. Le variabili di cui tenere conto sono molteplici; soprattutto, la loro determinazione dovrà basarsi solo sulla dotazione infrastrutturale o anche sulla spesa corrente?

Questa impasse nella determinazione dei Lep riguarda l’ambito del trasporto pubblico locale che è, poi, il settore in cui appare più praticabile la misurazione e la valutazione delle variabili. Se ci si sposta al trasporto stradale, ferroviario, autostradale e marittimo-portuale, individuare servizi minimi, indicatori e distribuzione delle risorse appare un compito quasi insolubile e in contrasto con la dimensione sempre più interconnessa e mondiale dei trasporti. In Europa si ragiona dei Grandi corridoi, la Cina progetta la Via della seta mondiale, e noi programmeremo le reti stradali, autostradali e portuali a livello regionale?

Mentre il Paese sarebbe impegnato nel trasformare i fondi del Pnrr in un’opportunità di crescita e riequilibrio, nel mezzo di una transizione energetica che nei prossimi due decenni ci obbligherà a riconsiderare il nostro modo di muoverci, così come ci vengono presentati, i Lep appaiono l’ennesimo sotterfugio per evitare di risolvere i problemi la cui origine tutti conoscono.

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