Il punto
Ora si agisca su mobilità e fisco
La grande attenzione dedicata negli ultimi giorni agli aumenti dei prezzi dei carburanti appare di grande rilevanza politica, visto il dibattito sviluppato sul ripristino delle accise, ma non altrettanto giustificata dal punto di vista economico
La grande attenzione dedicata negli ultimi giorni agli aumenti dei prezzi dei carburanti appare di grande rilevanza politica, visto il dibattito sviluppato sul ripristino delle accise, ma non altrettanto giustificata dal punto di vista economico.
Esaminando le serie storica, si vede che - dal 2016 ad oggi - il prezzo della benzina alla pompa ha oscillato tra un minimo di 1,4 ed un massimo di 2 €/litro, con un rapporto massimo/minimo del + 43%. Nello medesimo periodo, lo stesso rapporto è stato di circa + 152% per il gas e di + 265% per l’energia elettrica (dati Arera per un consumatore domestico tipo in regime di maggior tutela). L’attuale prezzo di 1,8-1,9 €/litro è quindi certamente una brutta notizia per gli automobilisti, ma sul fronte bollette abbiamo visto, e continuiamo a vedere, variazioni ben peggiori.
Friedrik von Hayek sosteneva che il prezzo svolge una funzione fondamentale: quella di fornire informazioni sulla disponibilità dei prodotti, orientando di conseguenza il comportamento dei consumatori alla ricerca di nuovi equilibri tra domanda e offerta. Per alcuni beni e servizi, facilmente sostituibili, l’elasticità della domanda è elevata: se aumenta il prezzo del prosciutto, caleranno le vendite di questo prodotto a favore dello speck e della mortadella. Altri beni (e tra questi i carburanti) presentano una domanda molto più «rigida», almeno nel breve termine, e se si vuole mitigare l’effetto degli aumenti sul bilancio famigliare bisogna agevolare al massimo le alternative.
Ottime, da questo punto di vista, sono le iniziative del Comune di Bari per incentivare l’impiego dei mezzi pubblici (abbonamento a 20 €/anno) e diffondere l’uso della bicicletta (bikesharing, nuove piste ciclabili), come anche i bonus per l’acquisto di auto ibride o elettriche. Certo, dobbiamo preoccuparci delle fasce sociali più deboli, che sono spesso impossibilitate ad accedere a queste alternative, ma - come è stato evidenziato a più riprese dall’«Economist» - è molto più efficace effettuare interventi a sostegno dei meno abbienti, piuttosto che impegnare risorse pubbliche (in termini di maggiori uscite o di minori entrate) per «falsare» il messaggio trasmesso dal prezzo sulla effettiva disponibilità del bene in questione.
Qui però entra in gioco il bilancio pubblico, nel duplice campo delle entrate (imposte e tasse) e delle uscite (spesa pubblica). In Italia ci si lamenta molto dei livelli della pressione fiscale, effettivamente superiore alla media europea (ma comunque inferiore a quella di Danimarca, Francia, Belgio ed Austria), ma meno (troppo meno) della sua composizione. Solo poco più della metà (54% circa) delle entrate tributarie sono costituite dalle imposte dirette, che gravano (o dovrebbero gravare, evasione permettendo) in maniera progressivamente crescente sui redditi dei cittadini. Il restante 46% è costituito da imposte indirette che, pesando essenzialmente sui consumi, hanno invece effetti regressivi, gravano cioè meno (in termini percentuali) sui redditi più alti. Tra queste ci sono, appunto, le accise sui carburanti (banalmente: se il mio reddito è 10 volte quello di un operaio, ciò non significa che consumo dieci volte più benzina). Se questo è vero, e se l’Italia è - purtroppo - uno dei Paesi industrializzati con più elevato livello di diseguaglianza economica (peggio di noi, in Europa, fanno solo Bulgaria, Romania, Lituania e Lussemburgo) perché lo stato ha deciso (ormai da molti anni) di puntare tanto sull’imposizione indiretta? Semplicemente perché è (relativamente) più facile contrastare l’evasione fiscale (che nel nostro paese vale circa 100 miliardi di €: una enormità!) sui consumi che non sui redditi.
Se vogliamo combattere veramente le ormai insopportabili diseguaglianze socioeconomiche, dobbiamo rendere il sistema fiscale più efficiente nel prelievo (contrastando con forza l’evasione) e più efficace nella distribuzione aumentando (e non diminuendo) la progressività delle imposte dirette. Purtroppo molti interventi portati avanti dell’attuale governo (attuati, come flat tax, condoni, aumento al tetto del contante) o tentati (eliminazione dell’obbligo del Pos) sembrano andare in direzione opposta. E le accise sui carburanti? Sarebbe giusto ridurle, ma solo a favore di una compensazione sul fronte delle imposte dirette (naturalmente in termini di aumentata progressività), non certo compensando le minori entrate con ulteriori tagli al welfare (reddito di cittadinanza, sanità, ecc.); sarebbe però necessario, nel contempo, aumentare gli sforzi per orientare diversamente la domanda di mobilità da parte di cittadini e imprese, per ovvi motivi sia di dipendenza dalle importazioni che anche, soprattutto, di impatto ambientale.