il commento
Asta scostamenti, le imprese chiedono riforme e stabilità
Occorre un grande disegno politico. Bisogna dire basta alla politica dei bonus, la politica delle emergenze e della sopravvivenza.
In questa campagna elettorale c’è un grande tema che quasi tutti i contendenti si guardano dall’affrontare. È il tema del debito pubblico, che nel nostro Paese ha raggiunto oramai dimensioni colossali: 2.766,4 miliardi, in aumento dell’1,9% dall’inizio anno. Un macigno che portiamo sulle spalle e che scaricheremo, fra non molto, sulle spalle dei nostri giovani, perché da qualcuno questo debito dovrà pur essere pagato. Negli ultimi dieci anni ha continuato ad aumentare, salendo dal 120% al 150% del PIL e tutti i partiti ne sono responsabili. In dieci anni, infatti, si sono alternati governi di vario colore politico, e tutti hanno continuato ad incrementare il debito pubblico. Certo - si dirà - si sono verificati eventi eccezionali, come quello della pandemia, che ha costretto ad erogare ripetutamente sussidi pubblici a famiglie e imprese. Ma la realtà è che il debito pubblico è cresciuto molto di più in Italia che nel resto d’Europa e certo la pandemia non ha colpito solo il nostro Paese.
Perché allora la spesa pubblica italiana è sempre risultata maggiore della media dell’area euro negli ultimi dieci anni? E perché anche il nostro deficit ha continuato a crescere, nonostante la pressione fiscale del nostro Paese sia molto maggiore della media europea? La risposta è che l’enorme aumento della spesa pubblica e sociale si è disperso in mille bonus e agevolazioni, invece che concentrarsi su investimenti duraturi e su riforme incisive, capaci di far crescere l’economia e la ricchezza del Paese. Dopo la pandemia le imprese ce l’hanno messa tutta per ripartire ed hanno generato una crescita economica straordinaria, cosa che ha attenuato, ma solo in parte, il rapporto tra debito pubblico e PIL (nel 2020 era al 155% e nel 2021 al 150,8 %). Ma lo sforzo delle imprese da solo non può bastare.
Occorre un grande disegno politico. Bisogna dire basta alla politica dei bonus, la politica delle emergenze e della sopravvivenza. E anche ora, di fronte all’ennesima urgenza, con l’impennata dell’inflazione e dell’energia che ci strangola, dobbiamo superare la logica emergenziale: prima di pensare a un nuovo scostamento di bilancio, dobbiamo ripianificare le risorse che già abbiamo a disposizione e utilizzarle per innescare una crescita solida e duratura.
Non è il momento di farsi incantare alle promesse elettorali di pifferai magici. È il momento di dire basta ai contributi a pioggia, che hanno dato solo questo risultato: sono aumentati i divari territoriali, il Mezzogiorno è sempre più spopolato e svantaggiato, l’Italia resta un Paese a bassa occupazione e il reddito pro-capite tende a diminuire, invece che aumentare come è avvenuto invece in Germania, Francia e Spagna. Il nuovo Governo avrà un compito difficilissimo: dovrà rispettare l’impegno preso con l’UE di recuperare l’equilibrio strutturale dei conti pubblici e, nello stesso tempo, dovrà sostenere la crescita con forti investimenti e con le riforme del PNRR. Il nostro Paese, e ancor più il Mezzogiorno, hanno bisogno di un Governo capace di riforme incisive, di stabilità finanziaria e crescita coesa. Per la crescita, infine, molto dovrà fare l’Europa. L’Italia dovrà avere l’autorevolezza di ottenere una vera politica industriale europea.