Il commento

Altro che rigenerazione, le crisi planetarie allargano le diseguaglianze

Gino Dato

Qual è quest’illusione dura a morire? La speranza che tutti nutrivamo, nella mente e nel cuore nei momenti più difficili, che, soprattutto dopo una distruzione epocale di vite e di risorse, dall’eclisse di ogni futuro potesse sortire un’alba di rigenerazione, una nuova era di eguaglianze

E dopo l’orrore e le ecatombi per le grandi guerre? E dopo le sofferenze atroci per il crollo degli Imperi? E i sommovimenti delle rivoluzioni? E le pandemie? Catastrofi e stragi dell’età contemporanea, ultime tra le quali il Covid 19 e la guerra russo-ucraina, hanno in maniera definitiva e irrimediabile spazzato via la grande illusione degli uomini.

Qual è quest’illusione dura a morire? La speranza che tutti nutrivamo, nella mente e nel cuore nei momenti più difficili, che, soprattutto dopo una distruzione epocale di vite e di risorse, dall’eclisse di ogni futuro potesse sortire un’alba di rigenerazione, una nuova era di eguaglianze.

Così proprio non è stato. Dopo la marcia trionfale dei quattro cavalieri della violenza – appunto il flagello delle grandi guerre, il crollo degli Stati, le rivoluzioni e le pandemie – non si è prodotto un impatto livellatore, le sorti dell’umanità non sono approdate a palingenesi totali, a metamorfosi integrali. Quella potenza che speravamo sovvertisse i destini degli uomini, distruggendo ma allo stesso tempo lasciando intravedere una alba di magnifiche sorti e progressive, si è fiaccata, spenta.
Anzi, se vogliamo dirla tutta, guerre, rivoluzioni, crolli, epidemie, e il loro mix mortifero, stanno accentuando disuguaglianze e sperequazioni nella condizione dei popoli del pianeta.

Le prove? L’ultimo conflitto delle due tra le più grandi detentrici di prodotti agricoli, Russia e Ucraina, sta accentuando le condizioni di fame e carestia, invece di attenuarle. Già prima della guerra 3 miliardi di persone non godevano di una alimentazione sana. Ora rischiamo di allargare il numero ancora di un miliardo. Sei milioni di bambini sono malnutriti.

Un’altra spia delle sperequazioni galoppanti, sul fronte del movimento dei capitali e della ricchezza? Nonostante le grandi manovre di facciata, gli oligarchi di Putin riescono con fondazioni e società «off shore» a preservare le loro attività e i loro patrimoni.
L’emergenza sanitaria? Ci ha reso ancora più fragili e disuguali di fronte alla iniqua distribuzione dei vaccini, invece di meglio distribuire le capacità degli individui, in primis quella di accedere ai presidi di salute.

Convinciamoci. Le distruzioni della storia, insomma, non livellano, non fanno giustizia, non risarciscono, operano in una sola direzione: allargare le differenze, inabissare gli abissi. Non è un caso che i potenti della terra nutrono le più grandi paure proprio nei confronti delle disuguaglianze, correlate e derivanti da reddito, posizione geografica, genere, età, etnia, disabilità, orientamento sessuale, classe sociale e religione. Disparità che continuano a esistere e a crescere all'interno di ciascun Paese, fra gli stessi Paesi, condizionando forme di vita, parità di accesso, opportunità ed esiti.

Quel che era già profondo si è divaricato ancor più. Gli insicuri sono cresciuti perché molti stanno perdendo mezzi di sostentamento, sono più poveri e non attingono alle soglie minime di una sicurezza. I ceti medi soprattutto sono caracollati verso il basso perché, prima ancora della caduta dei presidi di sostentamento, il consesso stesso civile è martoriato da un crollo delle garanzie democratiche, dal pericolo rappresentato dalla capacità di pochi tiranni di sconvolgere l’assetto stesso e il senso dell’umanità.

Semmai, e per paradosso, in una sola direzione muovono le distruzioni della storia, livellano e smussano differenze: nell’azzerare e assottigliare ogni giudizio sui principi e i valori della vita, al punto che finiamo per confondere, dopo quasi due mesi, aggressori e aggrediti, lupi e agnelli, barcollando difronte a un pragmatismo mortifero.

Questo pessimismo dovrebbe condurci in un vicolo cieco se non ci soccorresse la ragione e una critica della ragione sempre vigile a segnare quel sottile confine che separa l’umanità dalla bestialità.

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