BARI - La campagna cerasicola 2025 si apre con un bilancio pesantemente negativo, soprattutto nel Sud-est barese dove le gelate di marzo e aprile hanno compromesso sia le ciliegie precoci che le varietà medio-tardive, come la Ferrovia. A lanciare l’allarme è Nicola D’Onghia, presidente di Coldiretti per Gioia del Colle e Sammichele di Bari: «La produzione è crollata fino al 70%, le primizie sono praticamente sparite e la varietà Ferrovia ha subito gravi danni».
In un mercato segnato dalla scarsità, i prezzi alla base sono inevitabilmente aumentati (le medie per le varietà più pregiate vanno dai 10 ai 15 euro al kg, sulla piazza di Milano si può arrivare anche a 20 euro e oltre), ma non mancano, come ogni anno, le criticità lungo la filiera. «Denunciamo da tempo una filiera poco trasparente - sottolinea D’Onghia - dove il prezzo finale per il consumatore resta alto, spesso senza una reale corrispondenza con il valore riconosciuto al produttore. Quest’anno, con la crisi produttiva, queste distorsioni sono ancora più evidenti». C’è però anche un aspetto positivo in questo scenario difficile: «La scarsità di prodotto ha infatti rivalutato anche quelle ciliegie che in passato venivano scartate per il calibro ridotto, ma che restano frutti di ottima qualità. Questo sta dando un po’ di respiro a noi agricoltori».
Sulla complessità della filiera è intervenuto anche Massimiliano Del Core, presidente di Confagricoltura Bari-Bat: «La situazione è particolarmente complicata: le rese produttive sono in calo di circa il 60% e il clima non ha certo aiutato. I costi di produzione sono elevati e questo incide inevitabilmente sui prezzi, che risultano medio-alti anche al consumatore, a causa dei rincari lungo i vari passaggi della filiera». Del Core ha inoltre evidenziato che circa il 30% del prodotto viene scartato durante la lavorazione, il che fa lievitare i costi di selezione, confezionamento e logistica. A peggiorare il quadro, dinamiche speculative e squilibri tra domanda e offerta: «Quando la richiesta supera nettamente la disponibilità si innescano meccanismi che rallentano i consumi e complicano ulteriormente la situazione».
Intanto, Spagna, Grecia e Turchia si preparano a intensificare le esportazioni verso l’Europa, con la possibilità che il mercato italiano venga parzialmente rifornito da prodotto estero, soprattutto nella fase finale della stagione. Le famiglie si vedono costrette a reagire come possono, riducendo le quantità acquistate, rincorrendo le offerte promozionali o rinunciando alla qualità. A confermare il disagio dal mondo della ristorazione è Michelangelo Balzano, chef di un ristorante a Giovinazzo: «Il caro-prezzi non riguarda solo le ciliegie, ma ormai coinvolge tutto: anche le cozze nere hanno subito rincari importanti. Il conto finale per i clienti aumenta, ma i redditi restano fermi. Il vero problema è questo squilibrio. Sempre più persone rinunciano a mangiare fuori: il cibo sta diventando un lusso ed è un segnale preoccupante per l’intero settore».