In egitto

Il sogno di Pasolini tra passato e futuro

Oscar Iarussi

Un omaggio al Cairo con centinaia di studenti di Italiano

Ritrovare Pasolini oltre i suoi libri e i film, nello scenario del Cairo, metropoli di venticinque-trenta milioni di abitanti dove convivono modernità e arretratezza, quartieri ricchi insieme alla povertà estrema delle baraccopoli. Con una compresenza dei vivi e dei morti che un tempo Carlo Levi attribuiva al nostro Sud e che al Cairo è effettiva, visto che centinaia di migliaia di persone abitano stabilmente nelle tombe, le cappelle e i mausolei di Al-Qarafa, l’antica necropoli musulmana della capitale detta “La città dei morti”. Del resto, il fantasma di Pier Paolo Pasolini aleggia ovunque non sia giunta a compimento l’omologazione piccolo-borghese che egli aborriva, mentre rimpiangeva la civiltà contadina in via di estinzione nell’Italia del boom, della industrializzazione, della televisione livellatrice dei costumi e dei consumi. Con l’ostinazione di «una forza del passato», Pasolini continua a cercare le vestigia del mondo che sentiva profondamente suo: nelle borgate romane dei primi bellissimi film (Accattone, Mamma Roma) o a Matera dove girò Il Vangelo secondo Matteo (1964), fino alle antiche mura di Sana’a nello Yemen, cui dedicò un documentario-manifesto, e poi in India, Marocco, Brasile... Non è solo “nostalgia”, perché Pasolini nel Terzo Mondo intravede gli indizi sociali e linguistici di una possibile/impossibile rivolta contro la occidentalizzazione indiscriminata, arrivando a presagire per certi versi la grande migrazione, di là da venire, dall’Africa o dall’Asia verso i Paesi ricchi (fa testo per esempio Alì dagli occhi azzurri).

Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922), in corso di celebrazione un po’ dovunque, con mostre, iniziative, dibattiti a Roma e nelle grandi città, ma anche in piccoli centri, a testimonianza di quanto abbia permeato la società e la cultura italiane. Dopo la morte violenta a 53 anni per mano del “ragazzo di vita” Pino Pelosi nella notte fra l’1 e il 2 novembre 1975, giusto quarantasette anni fa, Pasolini ha subito dapprima una rimozione feroce e in seguito una paradossale edulcorazione: la sua figura di regista, poeta, saggista e polemista sempre controcorrente è stata trasformata in un’icona di massa. Non mancano gli omaggi all’estero. Siamo stati invitati di recente a parlare di Pasolini, appunto al Cairo, per l’inaugurazione della XXII Settimana della Lingua Italiana nel mondo, organizzata dal Ministero degli Affari Esteri in vari Paesi. Nell’auditorium dell’Istituto Italiano di Cultura della capitale egiziana, un elegante villino del quartiere Zamalek nell’isola Gezira sul Nilo, abbiamo dialogato sull’Autore e il suo cinema con lo storico delle idee Davide Scalmani, il quale dirige con passione l’Istituto. Un luogo vivo e assai frequentato, a cominciare dalla splendida biblioteca intitolata a Giuseppe Ungaretti, il grande poeta intervistato da Pasolini in Comizi d’amore (1965). Ungaretti resta il più celebre fra gli italiani d’Egitto, nato ad Alessandria nel 1888 da un padre operaio fra i tanti stranieri impegnati nello scavo del Canale di Suez e da una madre fornaia.
Per conoscere qualcosa in più di Pasolini all’Istituto Italiano del Cairo v’erano in sala centinaia di giovani, soprattutto ragazze con il velo ormai diffusissimo rispetto a pochi decenni fa e non di rado giunte da altre città, quasi tutti studenti della lingua italiana nei licei e nelle università dell’Egitto. Sono oltre centodiecimila, dice Scalmani, ed è in effetti un patrimonio impressionante di interesse e di fascinazione per la nostra cultura. Si rinnovano così i rapporti tra i due Paesi fecondati lungo l’800 e il ‘900 dagli egittologi italiani impegnati negli scavi archeologici, dai grandi architetti che hanno rimodernato Alessandria e Il Cairo (Antonio Lasciac, Giuseppe Mazza, Mario Rossi), dalle relazioni verdiane grazie all’Aida oggi tenacemente coltivate fra gli altri dal direttore d’orchestra Elio Orciuolo, pugliese di casa all’ombra delle Piramidi. Senza dire dei letterati protagonisti di avventurose esperienze tra il Mediterraneo e il Nilo: Enrico Pea, Fausta Cialente, Stefano Terra, oltre al futurista Filippo Tommaso Marinetti ch’era nato ad Alessandria come Ungaretti.

La tragica vicenda di Giulio Regeni, il dottorando italiano dell’Università di Cambridge rapito, torturato e ucciso al Cairo nel 2016, e la lunga detenzione in carcere di Patrick George Zaki, studente egiziano dell’Università di Bologna, hanno creato tensioni diplomatiche tra l’Italia e l’Egitto che solo la necessaria chiarezza sulle responsabilità potrà sciogliere. Eppure i rapporti interculturali continuano: sono una mezza dozzina attualmente i lettori di Lingua italiana nelle università del Cairo, tra i quali la docente barese Rosa Luigia Bottalico. C’è una nuova generazione di italianisti di pregio come la giovane Nadine Wassef, ricercatrice della Ain Shams University, all’opera su autori da riscoprire come Anna Messina (Cronache del Nilo, 1940) e Marisa Milani. Mentre Suzanne Badie Iskandar lavora intorno a Una vita violenta di Pasolini, che in passato è stato occasionalmente tradotto in arabo e talora non dall’italiano, bensì da altre lingue. Non conta solo l’accademia. Il console onorario italiano a Luxor Francis Amin, collezionista e studioso, in perfetto italiano racconta di mostre e iniziative realizzate in varie città del Paese. Il canale YouTube “Egitto Ora”, curato dai volenterosi Ossama Fawzy e El Semary Saleh, esplora temi legati al turismo, la gastronomia, la musica italo-egiziani.

Sempre l’Istituto Italiano di Cultura nei giorni scorsi ha ospitato un concerto tutto pugliese, con il pianista Mario Margiotta, il soprano Serena Grieco e il Quartetto Gershwin, e ha propiziato l’incontro artistico fra il sassofonista jazz romano Simone Alessandrini e il gruppo locale Mazaher & Nass Makan Ensemble. Insieme stasera saranno di nuovo in concerto al “Makan - Egyptian Center for Culture and Arts” animato da un intellettuale cosmopolita qual Ahmed Maghraby, che conosce bene l’Italia e in particolare l’antropologia musicale del Mezzogiorno. Di scena la musica «Zar», un secolare ritmo rituale e onirico utilizzato a mo’ di esorcismo per liberare le donne dagli spiriti malefici: esattamente come la Taranta... Il sogno di una cosa, sì, nel segno di Pasolini.

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