Il personaggio

Prigioniero in Puglia e partigiano: l’avventurosa vicenda del soldato inglese Ralph Corps

Vito Antonio Leuzzi

Le ricerche del pronipote, lo storico Malcolm Gaskill. Pubblicherà un libro

Le complesse e drammatiche vicende di un ex campo di prigionia militare (campo 65), collocato tra Gravina ed Altamura a ridosso della Statale 96, in un area immensa di oltre trecentomila metri quadrati, costituiscono un punto di riferimento cruciale del recupero della memoria relativa all’ultimo conflitto mondiale. Balza all’attenzione l’incredibile storia di un militare britannico Ralph Corps, che, prigioniero in Puglia, riuscì, dopo il trasferimento al Nord, a fuggire e ad arruolarsi nelle formazioni partigiane della Lombardia, dando un contributo notevole alla lotta di liberazione nazionale. Tale vicenda è ben ricostruita da un suo pronipote Malcolm Gaskill, un valente storico di Cambridge in un libro di prossima pubblicazione.

Nel volume si ricostruisce compiutamente la storia avventurosa di questo suo antenato che assieme ad un suo commilitone, pilota della Raf, dopo la cattura ed il trasferimento a Brindisi nel 1942, tenta la fuga e, intercettato a Noci, in condizioni molto precarie, viene trasferito nel campo per prigionieri inglesi di Altamura (in Puglia ne furono installati diversi, in particolare a Tuturano alle porte di Brindisi ed a Carbonara alla periferia di Bari).

Il tentativo di fuga dei due prigionieri inglesi, ricostruito in modo rigoroso con una puntuale indagine sui luoghi, in Puglia ed in Lombardia, evidenzia l’importanza delle vicende dell’ultima guerra nella ricerca storiografica internazionale (per fortuna ripresa da diverse indagini da un gruppo di studiosi di Altamura e dell’Ipsaic che stanno organizzando in questi giorni un convegno). L’eroica vicenda di Ralph Corps getta una luce su diversi aspetti di un conflitto lungo e sanguinoso ed in particolare sui profondi cambiamenti intervenuti nel corso delle operazioni militari nel Sud dopo l’armistizio.

Infatti il campo di prigionia numero 65 di Altamura- Gravina fu trasformato negli ultimi mesi del 1943, con l’occupazione degli alleati angloamericani, in campo profughi (vicenda ben ricostruita dalla docente Anna Gervasio). Le autorità d’occupazione assunsero la decisione di trasferirvi profughi iugoslavi (ex internati nei Campi istituiti dal regime mussoliniano) e partigiani di Tito in fuga dall’altra sponda dell’adriatico. Tra il 1943 ed il 1944 un settore del campo fu attivo nell’addestramento militare di donne e uomini dell’esercito di liberazione iugoslavo. Detti reparti furono inquadrati nelle diverse Brigate d’Oltremare che partirono dai porti di Bari e Monopoli nei primi mesi del 1944.

In questa immensa area tra le due città dell’Alta Murgia vi erano 60 capannoni, 22 manufatti in muratura, un avancampo, una palazzina per il comando e diverse strutture di servizio. La storia del Campo, dopo la liberazione, si arricchisce tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta per l’arrivo dei profughi giuliano-dalmati ed in seguito per il rimpatrio degli italiani dall’Egitto e dalla Tunisia.

Ma la trasformazione di un ex campo di concentramento in una struttura di accoglienza e di liberazione e, al contempo, in un complesso sistema organizzativo per la partecipazione alla lotta di liberazione europea (in particolare sull’altra sponda dell’Adriatico), solo dopo diversi decenni è oggetto di ricerche sistematiche e rappresenta un elemento di straordinaria importanza nella storia nazionale, con un dopoguerra al Sud anticipato rispetto al resto del paese.

Molti prigionieri di diversa nazionalità ed ex internati di origine ebrea (che affollavano i Campi del Centro-Sud), dopo le complesse vicende dell’armistizio e la liberazione dai Campi, assunsero la decisione di arruolarsi nelle formazioni partigiane che si costituirono immediatamente nel centro della penisola (Abruzzo, Marche, Lazio) dando un apporto consistente alla lotta antifascista ed antinazista.

La ricostruzione della fuga e dell’arruolamento di questo coraggioso militare britannico si colloca a pieno titolo nella storia della resistenza militare e civile italiana ed europea e consente di salvaguardare la memoria, nella convinzione che la sua trasmissione possa aumentare la consapevolezza di ciò che è accaduto.

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