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Dostoevskij censurato: la cultura non ci sta. Il Rettore Bronzini: «Il prof venga da noi»

 
Maria Grazia Rongo

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Maria Grazia Rongo

Dostoevskij censurato: la cultura non ci sta. Il Rettore Bronzini: «Il prof venga da noi»

E le librerie dedicano le vetrine agli autori russi

Giovedì 03 Marzo 2022, 12:02

Nel 2020, dopo la morte di George Floyd (afroamericano ucciso da un agente di polizia a Minneapolis), e le proteste del movimento Black Lives Matter, la HBO eliminò dal suo catalogo Via col vento, il film cult del 1939 diretto da Victor Fleming con la tormentata storia d’amore tra Rossella O’Hara (Vivien Liegh) e Rhett Butler (Clark Gable) sullo sfondo della guerra di Secessione americana. A chiederne la cancellazione fu John Ridley, sceneggiatore del film 12 anni schiavo, il quale in una lettera al Los Angeles Times scrisse che la pellicola presentava una visione fortemente stereotipata e razzista dei neri, soprattutto per la presenza del personaggio di Mami, la simpatica cameriera di colore, interpretata da una strepitosa Hattie McDaniel, la prima attrice afroamericana a vincere un Oscar.

Negli stessi giorni, in Italia, tornò a far notizia la richiesta di rimozione della statua di Indro Montanelli, accusato di pedofilia per aver comprato e sposato una eritrea dodicenne negli anni del Colonialismo. A Londra, la statua di colui che condusse alla vittoria l’impero britannico nella seconda guerra mondiale, Sir Winston Churchill, fu imbrattata con la scritta «Razzista».

È la cancel culture, bellezza! – verrebbe da esclamare. È la cultura della cancellazione, moderna forma di ostracismo, una iconoclastia dei nostri giorni che vuole a tutti i costi realizzare il «politicamente corretto» e porta a una sorta di revisionismo eliminando alla radice il rimando a ciò che viene ritenuto il problema. È quello che è accaduto ieri anche a Milano, nell’Università Bicocca, con la decisione di annullare le lezioni su Dostoveskij tenute da Paolo Nori, scrittore e traduttore, che insegna alla Iulm, e in diretta su instagram ha letto la mail inviatagli dall’università: «Caro professore, il prorettore alla didattica ha comunicato la decisione presa con la rettrice di rimandare il percorso su Dostoevskij. Lo scopo è evitare qualsiasi forma di polemica, soprattutto interna, in questo momento di forte tensione». Nori, praticamente in lacrime ha detto: «Essere un russo è diventato una colpa. Anche essere un russo morto». La notizia è volata sui social in men che non si dica, è stata condivisa da migliaia di utenti, producendo una forte condanna, tant’è che dopo poche ore è arrivata la «rettifica» da parte della rettrice dell’università milanese: «Il corso si terrà». Nori però non ha ancora deciso se accettare di tornare alla Bicocca. Poche ore dopo, anche il sindaco di Firenze, Nardella, ha scritto su twitter che gli è stato chiesto di rimuovere la statua di Dostoevskij che si trova nel parco delle Cascine, e a Reggio Emilia è stata annullata una mostra di fotografi russi.

Ma la storia, o un’opera artistica, sia essa un romanzo o un film, o addirittura una semplice foto, possono essere vittima del giudizio morale che in un determinato periodo storico influenza il pensiero dominante? Lo abbiamo chiesto a studiosi e accademici delle università pugliesi.

«Sono contrario a qualsiasi tipo di discriminazione, di cancellazione storica e di censura» – commenta il rettore dell’Università di Bari “Aldo Moro”, Stefano Bronzini , (il quale, da presidente del Curc - Comitato universitario regionale di coordinamento - annuncia che «il sistema universitario pugliese ha già dato la massima disponibilità, assistiti dalla Regione, per borse di studio e alloggi, agli studenti e docenti che possono frequentare qui e venire nelle nostre università per trovare la giusta ospitalità. Penso che anzi, quando ci sono queste prese di posizione assurde, come quella che ha colpito Nori, la reazione dovrebbe essere contraria, cioè bisognerebbe parlarne ancora di più. Ecco perché sto pensando di invitarlo a tenere nella nostra Università la sua lezione su Dostoevskij».

È un sentire comune quello che coinvolge gli accademici baresi. Lea Durante, italianista, oggi ha sconvolto il programma della sua lezione e ha deciso che parlerà ai suoi studenti degli scrittori russi e ucraini. «Visto che il mio corso è di Letteratura di Genere, leggerò brani dai testi di Anna Achmatova e Svetlana Aleksievic, mettendo insieme prosa e poesia e tenendo ben presente che la letteratura, la cultura, oggi e sempre devono essere ponte e non dividere».

«Parlare della cultura e della letteratura russa oggi è invece una cosa importantissima proprio per far comprendere la situazione nella quale ci troviamo – spiega Marco Caratozzolo, bergamasco, da sedici anni insegna Lingua e Letteratura russa nella Facoltà di Lingue a Bari e il suo corso è frequentatissimo, con circa centocinquanta nuovi iscritti ogni anno -. Tra l’altro è stato colpito proprio Dostoevskij che ha votato la sua vita all’affermazione della libertà. E poi, la letteratura russa e quella ucraina sono percepite come entità distinte solo dal Novecento in poi, Gogol era ucraino, Bulgakov è nato a Kiev, ecco perché la cultura non si può cancellare. Questi assurdi venti di ostracismo tra l’altro non tengono conto di una cosa fondamentale e cioè che i russi quando parlano degli ucraini usano un termine che tradotto in italiano significa “fratello di sangue”».

Il rifiuto di tutte le forme di censura è stato testimoniato anche dall’iniziativa di molte librerie, a Bari Laterza, Quintiliano, Millelibri e Zaum, a Trani La Biblioteca di Babele, che hanno esposto nelle loro vetrine libri di autori russi e ucraini.

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