serie b

Lorenzo Amoruso mette il timer: «Bari, non c’è più tempo. Complicato essere ambiziosi»

pierpaolo paterno

Il punto di vista dell'ex difensore del Bari e oggi voce autorevole del panorama televisivo. «Il Frosinone ha calciatori bravi ed esperti. Va rispettato»

Il campionato riparte sabato dalla sfida al Frosinone. E, con esso, si riaccendono le luci sul percorso del Bari chiamato a dare continuità agli ultimi segnali di risveglio. La sosta per le Nazionali ha congelato un momento positivo fatto di quattro risultati utili nelle ultime cinque uscite, ma non ha cancellato i dubbi che accompagnano una squadra ancora in cerca di una forma compiuta, tanto tattica quanto caratteriale.

Le molte rotazioni operate da mister Caserta (stamattina alle ore 9.45 nella sala stampa «Gianluca Guido» del San Nicola, la conferenza stampa pre gara) e l’alternanza di moduli hanno reso la marcia dei biancorossi difficile da decifrare, mentre la solidità difensiva resta un tema aperto e impellente. Sullo sfondo, un avversario tutt’altro che semplice. Quel Frosinone che viaggia nelle zone alte della classifica forte del miglior attacco della categoria e gli ultimi quattro risultati utili consecutivi dopo le sconfitte contro Venezia e Monza. La partita contro i ciociari inaugura un passaggio decisivo, un ciclo di sette gare che può indirizzare l’intera stagione. Per capire prospettive, insidie e opportunità, il punto di vista di Lorenzo Amoruso, ex difensore del Bari e oggi voce autorevole del panorama televisivo.

Amoruso, si torna a giocare dopo quindici giorni per la sosta delle Nazionali. Se e a chi giova una interruzione così lunga?

«È sempre difficile dirlo. Una squadra che ha problemi, nella sosta forse li può risolvere lavorando fisicamente e tatticamente. Chi stava facendo bene, avrebbe voluto proseguire sulla scia mentale positiva. Tanti giorni di stop possono portare a delle distrazioni».

Nello specifico, il Bari arrivava da due vittorie ed un pareggio. Quanto pensa possa incidere questa pausa sul percorso positivo costruito prima dello stop?

«Si stava facendo bene ed è un peccato essersi fermati. Sono le regole e vanno accettate. Mi auguro che in questo periodo mister Caserta abbia lavorato col gruppo sistemando le cose che sinora non sono andate. Non bisogna farsi trovare impreparati, visto che arriva una signora squadra come il Frosinone».

I risultati sono discreti, ma la sensazione è che il Bari non abbia ancora una vera identità tecnica e mentale. Come spiega questo divario?

«I tifosi hanno in mente un Bari che domini la B. Ma ormai è da anni che non succede. Non è una squadra costruita per salire in A. Le rose di Monza, Cesena, Modena e Frosinone, per esempio, sono formate da elementi con tornei importanti alle spalle, veterani della B e con un passato in A. Gli altri hanno degli obiettivi da raggiungere. Il Bari? Non mi sembra costruito per i playoff».

Quanto pesa, a suo avviso, la continua alternanza di moduli e interpreti, con dieci formazioni e sette sistemi di gioco in undici giornate?

«Dipende dal fatto che molti interpreti sono nuovi e non si conoscono. Caserta cerca di provarle tutte, cambiando anche i ruoli. Adatta le idee ai giocatori. Quando si parte male e si gioca male, si giocano tutte le carte prima di essere esonerati. Nelle ultime quattro partite si è fatto un po’ meglio, per quanto i giocatori siano arrivati nel rispetto di un budget. Quindi non del tutto funzionali al sistema di gioco che ha in mente il tecnico».

Il Frosinone arriva al San Nicola con il miglior attacco della serie B. Che cosa rende così insidiosa la squadra di Alvini?

«Un avversario che gioca a calcio e con una intelaiatura abbastanza solida. Se sta davanti, ha senz’altro un’idea di calcio diversa. Il Bari dovrebbe sfruttare il fattore campo anche se al San Nicola si vede sempre poca gente e scarso interesse. La classifica negativa incide su questo. Il Frosinone attacca con tanti uomini, porta gli esterni in fase offensiva e tanti uomini in are di rigore. Segna con tanti giocatori. Vuol dire che corre coi tempi giusti e un ritmo molto alto».

Il Bari concede troppo dietro. Da ex difensore e leader, quanto può cambiare l’equilibrio difensivo il rientro del capitano Francesco Vicari?

«È bravo, ma non gioca da tantissimo. Non sarà facile per lui, per il ritmo partita e l’occhio. Nello spogliatoio può fare tanto per esperienza. In campo bisogna correre e avere le misure giuste anche in base ai moduli che cambiano. Servirà almeno come coagulante per la squadra. La migliore integrazione sarà agevolata anche dai compagni di reparto. Un fattore di peso».

Dal punto di vista caratteriale, che cosa manca ancora al Bari per diventare una formazione davvero affidabile nei momenti chiave?

«Quando cambi tanti moduli e i giocatori si conoscono poco ne risente l’identità. Manca anche la confidenza per usare parole pesanti in campo, quelle dette per il bene della squadra. Con la poca comunicazione ci si fida poco dei compagni. Ci vuole del tempo per immagazzinare certe situazioni».

Sabato inizia un ciclo di sette partite delicatissime. Che impatto potrebbe avere questo filotto sulle ambizioni stagionali dei biancorossi?

«Se arrivassero risultati positivi sarebbe tutto più facile, già a partire dal Frosinone. Più ne arrivano e più si crescerà. La squadra che deve salvarsi vive alla giornata. Se sei in zona retrocessione vuole dire che qualche mancanza ce l’hai da diversi punti di vista. Speriamo che il Bari possa riprendere da dove ha lasciato. Almeno dal punto di vista dei risultati».

Guardando al calendario e alle prestazioni recenti, quali sono, secondo lei, i margini di crescita più immediati per questa squadra?

«Presi i giocatori individualmente, il Bari ha una discreta rosa. Caserta deve fare uscire il meglio dai ragazzi. L’entusiasmo ti fa fare cose che la tattica e la tecnica non possono darti. Di sicuro, si può fare meglio di quanto fatto sinora».

Se dovesse indicare un aspetto prioritario su cui il Bari deve intervenire subito, quale sceglierebbe e perché?

«Caserta deve fare delle scelte secondo la selezione naturale rispetto alle sue aspettative, scegliendo il male minore per mettere il gruppo davanti al singolo».

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