Il caso

Ostuni, il Tar conferma l'interdittiva alla società dei parcheggi: portò allo scioglimento per mafia del Comune

Andrea Pezzuto

Il ruolo dell’ente: «L’affidamento diretto del servizio avvenuto con modalità opache»

Era legittimo il decreto di interdittiva antimafia emesso dalla Prefettura di Lecce nel novembre del 2020 nei confronti della società Pkt di Campi Salentina che nell’estate di quell’anno si aggiudicò la gestione del parcheggio costiero di Santa Lucia (su suolo comunale) alla cifra di 500 euro. Lo ha stabilito il Tar di Lecce a distanza di quattro anni e mezzo dal ricorso della società: da questa vicenda è scaturito l’insediamento della commissione ispettiva nominata dalla Prefettura che portò allo scioglimento per mafia dell’amministrazione Cavallo.

In quella maggioranza era presente il consigliere Francesco Beato (poi dimessosi), citato in alcuni passaggi dell’interdittiva per «precedenti per ricettazione e violazione della normativa sulle armi e imparentato con un’altra persona all’epoca pure coinvolta nella questione delle aste giudiziarie». Quest’ultima vicenda ha coinvolto anche l’amministratore della società Pkt, Giovanni Taliente, che venne arrestato nell’agosto del 2007 e, successivamente, condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, lesioni personali, minacce ed estorsioni, condanna seguita in appello dalla sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione. «Dagli approfonditi accertamenti istruttori svolti dalla Prefettura di Lecce - scrive il Tar - sono emersi svariati e concordanti elementi di fatto particolarmente significativi, sicuramente e gravemente indizianti nel senso di un concreto pericolo (“più probabile che non”) di infiltrazione mafiosa nella compagine societaria, correttamente valutati (discrezionalmente) dal prefetto di Lecce nel loro complesso». Il riferimento è a «condanne penali - anche per gravi reati spia - pronunciate a carico dell’amministratore unico della società, i carichi pendenti e i reiterati decreti di applicazione in suo danno della misura di prevenzione della sorveglianza speciale anche con obbligo di soggiorno, nonché il foglio di via obbligatorio per mafia emesso dal questore di Brindisi con relativa evidenziazione della sua personalità criminale e violenta e della sua costante contiguità a soggetti di spicco della criminalità organizzata locale, taluni anche pregiudicati per associazione mafiosa. Situazione - sottolinea il Tar - emersa anche in relazione all’altro socio (pregiudicato e con carichi pendenti), nel mentre pure l’affidamento (diretto) alla società ricorrente da parte del Comune di Ostuni del (lucrativo) servizio di gestione dei parcheggi comunali della zona Santa Lucia risulta avvenuto e svolto con modalità opache rivelatrici di un possibile collegamento dell’impresa agli ambienti della criminalità organizzata locale». Il Tribunale rileva che «il diritto amministrativo della prevenzione antimafia non reprime condotte illecite sanzionando fatti penalmente rilevanti, ma mira a scongiurare una minaccia per la sicurezza pubblica ovvero l’infiltrazione mafiosa nell’attività imprenditoriale, e la probabilità che siffatto evento si basi su condotte sintomatiche ed elementi fattuali, taluni lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata».

Per il Tar, insomma, «la significatività e rilevanza degli elementi raccolti non può essere seriamente posta in discussione, apparendo in tutta evidenza il coinvolgimento personale e compartecipe dell’amministratore unico e del socio in episodi delittuosi e in contatti diretti con esponenti del clan, tanto da farne supporre la qualità di affiliati. Ad eludere la significatività di tali precedenti - rimarca il Tar - non possono assumere rilevanza né l’intervenuta riabilitazione né l’assoluzione per alcuni reati».

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