sanità
San Raffaele, dopo lo stop del Tar il direttore della Asl rischia il posto. La Regione: «Non ha fatto le assunzioni»
Il caso del centro di riabilitazione di Ceglie Messapica, ora De Nuccio dovrà chiarire i fatti
BARI - La Asl di Brindisi non può subentrare nella gestione del centro di riabilitazione San Raffaele di Ceglie Messapica perché non ha ancora reperito il personale necessario a garantire le prestazioni. Lo ha scritto il Tar di Lecce nell’ordinanza con cui ha sospeso il passaggio dalla fondazione San Raffaele della famiglia Angelucci. E così adesso a rischiare il posto è il direttore generale della Asl, Maurizio De Nuccio, cui ieri la Regione ha scritto una nota durissima per contestare l’inadempimento.
Il Dipartimento salute ha chiesto infatti a De Nuccio «di chiarire le ragioni del mancato avvio delle procedure assunzionali (prioritariamente medici, infermieri e fisioterapisti), contrariamente alle indicazioni impartite» dalla Regione che da oltre un mese aveva invitato la Asl a procedere con l’internalizzazione del personale del centro e il reperimento di quello eventualmente ancora mancante. Una circostanza ritenuta tanto più grave perché martedì la Asl ha invece avviato una procedura per assumere Oss, «adottata in difformità di quanto disposto» a febbraio quando la stessa Regione aveva bloccato un altro bando analogo. Per gestire il centro di riabilitazione servono infatti medici e non operatori socio sanitari, di cui a Brindisi non c’è carenza. E il ritardo nell’internalizzazione ha portato il Tar a fermare tutto.
La contestazione, firmata dal capo dipartimento Vito Montanaro, potrebbe portare all’avvio di un procedimento disciplinare a carico del direttore generale De Nuccio. Anche perché la Regione da due mesi ha dato precise indicazioni alla Asl in merito al caso San Raffaele, in cui sono state rilevate gravi omissioni sui controlli da parte della stessa azienda sanitaria: negli anni ha ad esempio consentito la compensazione dei canoni di affitto della struttura con le prestazioni effettuate extra-tetto, per un importo milionario. Tutte circostanze che la Regione ha segnalato alla Procura.
La vertenza del centro di riabilitazione di Ceglie Messapica è partita a fine maggio, quando il Consiglio regionale su proposta del consigliere Fabiano Amati ha approvato una legge che sancisce la conclusione della «sperimentazione gestionale» avviata nel 2020 con la Fondazione e il ritorno della struttura alla gestione pubblica. La legge è stata impugnata da Palazzo Chigi per sospetta incostituzionalità, mentre la Fondazione ha impugnato al Tar di Lecce le due delibere con cui la Asl ha disposto il subentro e la nomina di un proprio direttore medico per sopperire alla mancanza di personale abilitato alla riabilitazione. Giovedì il Tar ha confermato la sospensiva, rilevando che il subentro rischia «di procurare una soluzione di continuità nella erogazione delle delicate prestazioni sanitarie (finora) assicurate dalla Fondazione», appunto perché la Asl non ha assunto il personale necessario. Ma sul punto la stessa Regione ha scritto che «le gravissime criticità riportate dal Dipartimento di Prevenzione» nelle ispezioni al centro «compromettono la salute dei pazienti», «al punto tale da non poter attendere» l’udienza di merito fissata dal Tar per aprile: per questo si andrà al Consiglio di Stato.