il caso
Omicidio Spada a Brindisi, il socio: «Sparì e pensai a un malore poi seppi che era morto»
La testimonianza nelle ultime udienze del processo sull’omicidio di Spada, per il quale sono imputati i fratelli brindisini Cosimo ed Enrico Morleo
BRINDISI - «Eravamo soprattutto amici, siamo cresciuti insieme e abbiamo iniziato forse 35 anni fa. Sergio era il factotum, il principale artefice dell’azienda, mancato lui sono venuti meno tutti quelli che erano i rapporti dell’azienda, non poteva continuare così. Sergio era unico. Non eravamo in grado noi di fare quello che faceva lui».
L’amico e socio di Sergio Spada, prelevato dal garage della sua abitazione, nel rione Casale, la sera del 19 novembre 2001 e ucciso poco dopo con un colpo di pistola alla testa, ha descritto i rapporti con l’imprenditore, ne ha tratteggiato il profilo professionale e ha ricostruito i rapporti della Diamat nata per la vendita di pentole con altre società.
La testimonianza è stata resa in una delle ultime udienze del processo sull’omicidio di Spada, per il quale sono imputati i fratelli brindisini Cosimo ed Enrico Morleo, il primo ritenuto il mandante e l’altro l’esecutore materiale. Entrambi sono accusati anche dell’omicidio di un altro imprenditore attivo nel settore delle pentole e degli articoli per la casa, Salvatore Cairo, fatto a pezzi e bruciato il 6 maggio 2000.
Omicidi aggravati da premeditazione e da metodo mafioso, secondo il pm della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza: Spada e Cairo sarebbero stati uccisi perché avrebbero intrapreso strade in concorrenza con quella della famiglia Morleo che, invece, avrebbe voluto lavorare in condizioni di monopolio.
Il teste ha raccontato dell’avvio dell’attività di vendita porta a porta delle pentole da cucina, poi della costituzione della società Diamant: «Prima si chiamava Centro Casa. Poi scegliemmo di mettere il marchio Diamant sotto le nostre pentole. Eravamo abbastanza forti, in Italia eravamo i più forti», ha aggiunto sottolineando che «tutti quelli che erano nel settore, sicuramente non erano nostri amici». Il motivo? «Avevamo un marchio importante che era un rapporto qualità-prezzi molto conveniente», ha spiegato. «Chi era all’epoca competitor della Diamant?», ha chiesto il pm. Risposta: «Per esempio Morleo, era uno di quelli che poteva essere competitor. Credo che Cosimino Morleo avesse aperto una società che operava nello stesso settore». Il teste non ha ricordato il nome della società.
Il pm ha chiesto di raccontare l’ultima volta che vide Spada vivo. «La sera alle otto e un quarto», ha detto facendo riferimento al giorno precedente rispetto a quello in cui l’imprenditore venne trovato senza vita in auto. «Abbiamo lasciato gli uffici e poco prima aveva chiamato il figlio dicendo che avrebbero cenato tutti insieme», ha ricordato. «Aveva lasciato la sua auto a Bari e mi chiese di accompagnarlo, poi disse che avrebbe preso la 500 o la Uno del padre. Io me ne andai e lui chiuse gli uffici. Dopo un po’ la moglie mi chiamò a casa perché Sergio non era rientrato. Stavo vedendo una partita di calcio e mi ricordo che c’era un brindisino che giocava, Francioso», ha detto. «Andammo alla Diamant, facemmo il percorso a ritroso. Conoscendo la precisione di Sergio era chiaro che fosse successo qualcosa, un malore, non abbiamo pensato a qualcosa di delittuoso. Il mattino dopo ho saputo che era stato trovato morto».