Nel Brindisino
Ostuni, il rischio di non essere più «città bianca»
Prima che inizi la stagione turistica è necessario provvedere a ripristinare la tipica luce che emana dalla calce
La «Città bianca» sempre meno bianca visto che la lenitura a latte di calce delle case dell’acropoli del centro storico (diversi non lo hanno fatto l’anno scorso pure in presenza di ordinanza sindacale), con l’arrivo del primo sole primaverile, si mostra affievolito o svanito per tutto così com’è evidente sul primo tratto della cinta muraria dal lato di via Cavallo.
A fine giugno dell’anno scorso, la giunta comunale approvò l’atto che disponeva la tinteggiatura a calce di tutta la cinta muraria d’epoca angioina–aragonese prospiciente viale Oronzo Quaranta.
Emergono in maniera evidente diverse zone non ricoperte di calce e parti con caduta anche della malta facendo emergere la pietra nuda mentre in altre parti delle mura di cinta, appare diffuso il nero dello scolo dell’acqua piovana che, a causa degli agenti atmosferici, hanno determinato la formazione di macchie nere ben visibili anche a distanza.
Andando verso la riapertura degli spostamenti sia tra le province che tra le regioni, si prevede che anche quest’estate, la «Città bianca» sarà meta di una moltitudine di forestieri e turisti per cui è importante, attuare per tempo, ogni gara d’appalto per la tinteggiatura della cinta muraria a latte di calce per riportare al suo originario e storico candore il borgo antico e le mura che, oggi vedono compromesso l’aspetto visivo.
In questo periodo di pandemia, la mente ritorna al passato allorquando, nella seconda metà del 700, l’epidemia di peste che aveva mietuto milioni di vittime in Europa e si diffuse nel Regno delle Due Sicilie, raggiunse anche le «Terre d’Otranto» ma la «Città Bianca», si salvò grazie al massiccio impiego di calce, utilizzata per dar luce ai vicoli del rione «La Terra», ma soprattutto per il grande uso di calce viva (od ossido di calcio).
Gli abitanti dell’epoca non potevano immaginare che questa pratica dell’uso della calce viva, li avrebbe salvati dalla peggiore epidemia che l’umanità avesse mai dovuto fronteggiare come: la peste nera.
È necessario pianificare sin da ora, la pitturazione con la calce della cinta muraria che rappresenta un monumento di gran pregio storico–artistico e costituisce il simbolo della Città al fine di presentarsi in un aspetto più consono senza rischiare di perdere la sua caratteristica se non si interverrà per tempo.
Il tutto, al di là dell’ordinanza sindacale che ogni anno, nel mese di giugno, viene diffusa per obbligare i proprietari di case nel rione antico e nelle zone sette-ottocentesche, a dipingere con la calce bianca i muri esterni delle abitazioni al fine di portare avanti la peculiarità del bianco del centro storico.