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Trani, l’antenna della discordia: rigettato dal Tar il ricorso di una residente

Nico Aurora

Secondo il tribunale «L’installazione è del tutto legittima». La cittadina tranese contestava l’installazione di un’antenna per la telefonia mobile 5g nei pressi della sua abitazione, in zona Ponte Lama.

TRANI - «A seguito delle modifiche legislative, le procedure per l’installazione degli impianti di telecomunicazioni sono sottoposte ad un regime di pronunciata semplificazione». Così il Tribunale amministrativo regionale della Puglia ha respinto il ricorso presentato da una cittadina tranese contro l’installazione di un’antenna per la telefonia mobile 5g nei pressi della sua abitazione, in zona Ponte Lama.

La sentenza ha dato ragione al Comune di Trani ed Arpa Puglia, nonché a Vodafone ed Inwit (la società proprietaria dell’infrastruttura), citate nel giudizio quali contro interessate. La ricorrente era difesa dagli avvocati Fabrizio Lofoco e Giacomo Sgobba, Palazzo di città dal responsabile dell’Avvocatura comunale, Michele Capurso, Arpa dall’avvocato Maria Laura Chiapperini.

LA VICENDA La cittadina, residente in contrada Lama Paterna, aveva chiesto al Comune di Trani di sospendere i lavori e di revocare l’autorizzazione all’installazione dell’antenna. L’autorizzazione era stata rilasciata attraverso la procedura del “silenzio assenso“, dopo che il Comune non aveva espresso un parere contrario entro i 60 giorni previsti dalla legge.

Tra le motivazioni del ricorso, la donna aveva evidenziato che la stazione radio base, alta oltre 30 metri, si trova a soli 5 metri dalla sua casa. Aveva sollevato preoccupazioni per la sua salute, in quanto affetta da «fibromialgia cronica con rilevante elettrosensibilità», e per l’aumento dei limiti di esposizione previsti dalla recente legge del 2023. Inoltre contestava la mancata convocazione di una conferenza dei servizi, la presunta valenza paesaggistica della zona e l’omessa richiesta del permesso di costruire.

LA DECISIONE Il Tar aveva già rigettato la richiesta di adozione di misure cautelari monocratiche, affermando che il ricorso non appariva «assistito da elementi di fondatezza, posto che la pretesa di parte ricorrente si risolve in una richiesta di annullamento in autotutela di un titolo autorizzativo formatosi in favore della Inwit, per silenzio, sulla base della disciplina speciale in materia di installazione di infrastruttura per telefonia mobile».

Anche nel merito il Tribunale amministrativo pugliese ha respinto tutte le censure, ritenendo il ricorso infondato a cominciare dal contestato silenzio-assenso. I giudici hanno confermato che l’inerzia del Comune non è stata illegittima, poiché la normativa speciale in materia di telecomunicazioni prevede un iter semplificato. L’autorizzazione si intende accolta se non arriva un diniego motivato entro 60 giorni.

Quanto alla già richiamata procedura semplificata, il Tar ha ribadito che per l’installazione di impianti di telecomunicazione vige una normativa speciale (il Codice delle comunicazioni elettroniche) che prevale sul Testo unico dell’edilizia. Pertanto, non era necessario il permesso di costruire.

In materia di tutela della salute, il tribunale ha sottolineato che il rispetto dei limiti di emissione è garantito dal parere tecnico favorevole di Arpa Puglia. Quanto alla salvaguardia del paesaggio, non è stato riconosciuto un valore paesaggistico vincolante alla zona, che avrebbe richiesto il coinvolgimento della Soprintendenza.

Infine, per quanto concerne la lamentata scarsa pubblicità dell’istanza, il Tar ha dato atto del fatto che è stata resa pubblica sul portale Suap del Comune di Trani, ritenuto un canale idoneo a garantire i principi di trasparenza e partecipazione.

La sentenza, pur respingendo il ricorso, ha compensato le spese di giudizio.

PROSPETTIVE Davide Ceci, figlio della ricorrente e che aveva convocato la stampa per illustrare i tratti salienti del ricorso della sua famiglia, per il momento non commenta la sentenza e non anticipa un eventuale appello al Consiglio di Stato: «Analizzeremo serenamente la decisione con gli avvocati e a settembre valuteremo il da farsi».

Quando il percorso al Tar era ancora in evoluzione, Ceci aveva anticipato che, in caso di soccombenza, la famiglia avrebbe lasciato quella casa, «perché in questa abitazione non ci vive mia madre da sola, ma tutti noi per assisterla nella sua patologia e con i nostri risparmi di una vita».

Adesso non sarà semplice scegliere fra il trasloco immediato e la permanenza fino a quando, in caso di appello, non si sarà espresso anche il Consiglio di Stato. Resta inevitabile constatare quanto oggi le infrastrutture della rete non siano solo piste da gara della comunicazione performante, ma corrano anche su non meno analoghe autostrade della semplificazione burocratica.

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