L'intervista
Finanza, il comandante provinciale Cassano: «La provincia Bat territorio complesso tra frodi, lavoro nero e nuove mafie»
Il bilancio in occasione della festa del Corpo: «Tessuto sano, qui non ci sono seri elementi di allarme»
Due anni dopo il suo arrivo al comando provinciale della Guardia di Finanza della Bat, il colonnello Pierluca Cassano si appresta a lasciare l’incarico di comandante. Nel giorno del 251° anniversario della nascita del Corpo, Cassano ha ripercorso i risultati ottenuti, le sfide affrontate e il futuro che si augura per il territorio.
Tre anni e mezzo fa nasceva questo Comando. A che punto è l’opera di radicamento nel territorio?
«Fuori di metafora, ritengo che ad oggi il Comando Provinciale di Barletta e i reparti che lo compongono abbiano dato una tanto precoce quanto qualitativa fioritura. Abbiamo consolidato modelli di lavoro efficaci, mettendo a sistema i reparti e le loro articolazioni interne. Ritengo che la fase di maturazione che auspicavo si sia completata. Naturalmente non dormiamo sugli allori: la Guardia di Finanza, come ogni forza di polizia, deve restare aggiornata. Ma oggi il Comando è nel pieno delle sue facoltà, presente sul territorio sia nel contrasto all’illegalità, sia nella promozione della cultura della legalità».
Ha parlato spesso del rapporto diretto con la cittadinanza.
«Sì, abbiamo partecipato a molte iniziative nelle scuole, aperto la caserma, parlato con la stampa. E a proposito, vi ringrazio pubblicamente per la correttezza e la prontezza con la quale avete raccontato il nostro lavoro, anche nelle indagini più delicate. Avete offerto un servizio alla collettività».
Lei ha descritto questo territorio come laborioso ma complesso. Qual è oggi il quadro della legalità economico-finanziaria nella Bat?
«Grazie alla direzione della Procura di Trani abbiamo dato segnali forti nel contrasto a evasione, frodi fiscali e lavoro nero. I sequestri, e speriamo anche le condanne che ne deriveranno, dimostrano che esiste un presidio reale contro queste patologie sociali. Questo ha avuto due effetti: ha colpito chi voleva arricchirsi indebitamente e ha avvicinato le imprese oneste, che sono la maggioranza, alla Guardia di Finanza, vista oggi come un’opportunità e non come una minaccia. Se si arricchisce uno e si impoverisce la provincia, la società non cresce».
Quanto la criminalità organizzata riesce a mimetizzarsi nell’economia legale?
«Il concetto di “mafia” si è evoluto in “impresa criminale”. I reati associativi, oggi, mirano tutti all’arricchimento. Nella Bat non ci sono elementi di allarme e pericolosità paragonabili a quelli di altre province. Ci sono, però, ancora due realtà: quella ex Bari, sotto controllo, e quella ex Foggia, penso a Trinitapoli e San Ferdinando, dove il livello criminale è più alto. Qui, la risposta dello Stato è stata forte e continua».
L’operazione Chogan, con un maxi sequestro da 355 milioni, è stato forse il manifesto della sua attività. Qual è il messaggio che ne deriva?
«L’idea imprenditoriale era valida, ma la costruzione giuridica adottata era finalizzata solo all’arricchimento illecito. Non si trattava di sopravvivenza. La sottrazione di imponibile era ingiustificabile. La ricchezza non è un furto, ma le tasse vanno pagate. Colgo l’occasione per citare un altro nostro obiettivo, quello di contrastare gli sprechi nell’uso dei fondi pubblici da parte degli enti locali. Il cittadino che paga le tasse ha il diritto di vedere quelle risorse spese bene e non nelle tasche di amministratori locali infedeli».
Il suo è un assist, quanto è difficile prevenire i rapporti opachi tra pubblico e privato?
«È importante distinguere tra scelte discutibili in emergenza e sistemi clientelari. Chi si vende per poco, e a volte è successo (il riferimento è all’operazione “Mercimonio”), dimostra di non aver compreso il valore del proprio ruolo. Prevenire si può: con l’educazione nelle scuole e promuovendo la legalità come unica via per far crescere la società».
Contrasto ai crediti fiscali fittizi, a che punto siamo oggi?
«Siamo in una fase discendente. Le azioni di recupero sono state incisive. Il problema è che quelle norme erano state scritte troppo in fretta e con superficialità. In un Paese come il nostro, dove la creatività non manca, anche la normativa va testata prima di essere varata. Le prime versioni dei bonus erano un invito alla frode, ma ora con le azioni di contrasto siamo riusciti a mettere un freno».
In questi anni ha dovuto lavorare con un organico da rafforzare. Com’è andata?
«Abbiamo avuto un deficit quantitativo, ma ho lavorato con donne e uomini di grande qualità. Molti colleghi venivano da reparti pugliesi e conoscevano il territorio. Questo ha reso il lavoro più efficace. Il radicamento non è un problema, se fatto con equilibrio».
Quanto conta la “squadra Stato” nel lavoro quotidiano?
«È indispensabile. La squadra Stato è composta da tutte le forze dell’ordine, ma anche da prefetti, magistrati, enti locali, giornalisti e cittadini. Tutti quelli che remano insieme per la legalità. Chi non lo fa, non può far parte della squadra e va contrastato».
A breve andrà via. Che eredità lascia e che messaggio vuole dare alla comunità?
«Porto questa esperienza nel cuore. Sono stato accolto con calore e rispetto. Ho visto nel comando una compattezza crescente, ho costruito legami personali e istituzionali. Lascio un comando coeso, in mani ottime. Andrea Di Cagno, che mi succederà dai primi di agosto, è una persona di grande valore umano e professionale. Gli auguro di continuare e migliorare il lavoro fatto».