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Andria, clan Pesce alla sbarra: 6 accusati di estorsione e usura
Contestata l’aggravante del metodo mafioso. A giudizio anche una avvocatessa
ANDRIA - In sei a processo per le presunte estorsioni messe in atto dal clan Pesce. È stato notificato nei giorni scorsi il decreto di giudizio immediato a firma del gip del Tribunale di Bari Anna Perrelli nei confronti dei fratelli di Andria Oscar Davide e Gianluca Pesce, rispettivamente 34 e 36 anni, in carcere dal 29 settembre scorso; Michela Altomare Caldarone, 28 anni; Giuseppe Loconte, 22 anni, Nicolas Nicolamarino, 32 anni, e l’avvocatessa Tiziana Favullo, 50 anni.
Le accuse contestate a vario titolo dal pubblico ministero della Dda Daniela Chimienti sono quelle di estorsione, tentata e consumata, e usura, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso.
Il primo episodio contestato si riferisce ad una presunta estorsione ai danni di un agente della polizia municipale, coinvolto in un sinistro stradale con Michela Altomare, compagna di Oscar Davide. Quest’ultimo, minacciando il poliziotto, lo avrebbe costretto a riparare a sue spese l’auto della donna, senza presentare denuncia all’assicurazione.
«Io nei panni tuoi non mi metto – gli avrebbe detto Oscar Pesce – se no la testa te la strappo proprio da in testa. Vedi che se ti tocco, ti faccio rimanere frantumato a vita! uannà che la vita è delicata… la vita è una cosa seria!... non ti voglio vedere più!... perché come ti vedo in mezzo alla strada, come ho un’occasione di una precedenza, io ti schiaccio la testa come a un verme!».
La vicenda che vede coinvolta l’avvocatessa Favullo - attualmente ai domiciliari - riguarda un presunto prestito usuraio che i Pesce avrebbero concesso ad un giovane commerciante. A fronte di un debito iniziale dell’importo di 23mila euro, il giovane dopo appena un mese ne avrebbe dovuto restituire quasi il doppio: per una dilazione di appena 20 giorni sarebbero stati chiesti 17mila euro di interessi. Per questo la madre del ragazzo, preoccupata per le minacce ricevute, si rivolge all’avvocatessa Favullo, che per suo conto stava curando la pratica relativa alla vendita di un immobile. Nello studio della civilista viene organizzato un incontro con i Pesce, finalizzato a dilazionare il pagamento ed a dimostrare che, grazie alla vendita dell’appartamento, la donna avrebbe potuto saldare il debito del figlio.
Nel corso dell’interrogatorio la professionista si è difesa, sostenendo la sua più totale estraneità rispetto ai fatti contestati. Il processo inizierà per tutti l’8 maggio innanzi alla sezione collegiale del Tribunale di Trani.