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Strage treni Andria-Corato: «Sbagliarono i due ferrovieri ma la linea non era insicura»

Massimiliano Scagliarini

Lo scontro sulla Andria-Corato:«Strage non prevedibile, sgretolata l’accusa»: ecco le motivazioni della sentenza

BARI - È stata «una incredibile serie ripetuta di non osservanze delle norme che regolano la sicurezza della circolazione dei treni» a causare, il 12 luglio 2016, lo scontro frontale sulla linea Andria-Corato con 23 morti e 51 feriti. Ma gli unici responsabili della strage sono tre ferrovieri, uno dei quali deceduto, che «agendo con spregiudicatezza e disinteresse» fecero partire il treno 1201 da Andria verso Corato senza attendere l’arrivo del treno 1016 e dunque mandandoli a sbattere l’uno contro l’altro, sul binario unico, a 120 chilometri all’ora. Non ci sono invece responsabilità di vertici, manager e funzionari della società Ferrotramviaria, «non in grado di prevedere che le sue possibili omissioni avrebbero causato un incidente».

È questa la verità contenuta nelle 699 pagine di motivazioni con cui ieri il Tribunale di Trani (presidente Carmen Anna Lidia Corvino, estensore Marina Chiddo, a latere Sara Pedone) ha ricostruito l’anatomia del più grave incidente ferroviario passeggeri della storia italiana, smontando dunque la ricostruzione della Procura che invece riteneva l’incidente figlio di «un fallimento di sistema» da parte della società: è «un dato di fatto» - scrivono i giudici - che il blocco telefonico fosse «obsoleto», ed «è incontestato che alcuni tra i ferrovieri fossero poco diligenti o negligenti nello svolgimento delle proprie mansioni», ma «che l’intero sistema di gestione della circolazione ferroviaria fosse inaffidabile e poco sicuro, al punto tale da porre a rischio la vita di decina di persone, è una circostanza che non è stata assolutamente provata all’esito del processo», così come è «rimasta una mera ipotesi» quella che la colpa di Ferrotramviaria sia consistita nell’aver continuato a utilizzare il «blocco telefonico»: perché «obsoleto» non vuol dire «insicuro».

Si spiega dunque così la condanna a sei anni e sei mesi per il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, e a 7 anni per Nicola Lorizzo, accusati di cooperazione in disastro ferroviario, omicidio e lesioni personali colpose aggravate dalla mancata osservanza delle norme per la sicurezza sul lavoro, senza concessione delle attenuanti generiche, oltre all’obbligo di risarcire le parti civili...

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