L’inchiesta

Bisceglie, oltre trenta gli intossicati con il tonno adulterato

Linda Cappello

Ieri interrogati in carcere l’imprenditore Vincenzo Dell’Olio e i due figli

BISCEGLIE - Trentatrè persone intossicate. Almeno per ora. Fra cui un bambino di appena 11 anni, arrivato nel giugno del 2021 in ambulanza all’ospedale Perrino di Brindisi con «sintomi suggestivi di sindrome anossica con cianosi», e una saturazione d’ossigeno all’86 per cento. Quindi inferiore alla soglia di sicurezza di 90, così come ci ha insegnato la pandemia. La segnalazione della Asl parlava chiaramente di una «intossicazione alimentare a base di nitrati», così come riportato testualmente nell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 18 persone accusate di aver avuto un ruolo nella sofisticazione di tonno a pinna gialla commercializzato dalla «Ittica Zu Pietro» di Bisceglie, ora sotto sequestro.

In carcere sono finiti i vertici dell’azienda, Vincenzo Dell’Olio, fondatore e amministratore di fatto della ditta, e i due figli Andrea ( legale rappresentante tanto della Ittica Zu Pietro quanto della Izp Processing srl) e Laura (anche lei in qualità di legale rappresentante della Izp Processing); Maurizio Ribezzo, medico veterinario di Avellino responsabile dell’assicurazione qualità nonchè legale rappresentante della Innovation srl e del laboratorio analisi di Avellino Studio Summit, e Loredana Guarinello, anche lei di Avellino, veterinario alle dipendenze della Innovation.

Domiciliari, invece, per Giulio Quercia, titolare di altre due aziende di Bisceglie specializzate nella vendita di additivi; Giuseppe D’Ambrosio, responsabile del magazzino; Gilda Storti, direttrice del laboratorio di analisi Studio Summit; Gaetano Cornacchia e Roberta Costa, dipendenti della Innovation srl; Ignazio Comes, dipendente della Ittica con mansioni di responsabile della sala lavorazioni; e Giuseppe Brescia, addetto alla preparazione delle miscele;

Nel provvedimento del gip Anna Lidia Altamura delinea perfettamente il modus operandi relativo all’alterazione dei prodotti, in particolare del tonno importato dalla Spagna. Nitrati e nitriti – il cui uso era vietato dai regolamenti europei – aggiunti «in concentrazioni elevate al fine di esaltare il colore del pesce» e nascondere lo stato di alterazione.

E infatti, dopo un sequestro del Nas su sette tonnellate e mezzo di tonno a pinna gialla, le analisi dell’istituto Zooprofilattico di Bologna certificarono la presenza di una «sostanza rossa ad azione colorante campionata come «Fruitmax Red 104».

Emblematica - al riguardo - un’intercettazione di un dipendente della ditta Innovation, che commenta con la veterinaria i valori delle analisi: «...c’è uno che ha 5880!...una cosa del genere...proprio numeri alti eh...però io non capisco così tanta disperità no questi due lotti qua hanno valori alti..». Nello specifico, si fa riferimento ai valori di acido ascorbico, che secondo l’Efsa non deve essere superiore ai 300 milligrammi per chilo.

Ieri si è svolto l’interrogatorio di garanzia per i tre Dell’Olio: tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, anche a causa di alcuni problemi di salute, riservandosi di fornire tutte le spiegazioni del caso in un secondo momento. Sono difesi dall’avvocato Vincenzo Papeo.

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