Il processo

«Sistema Trani», in 319 pagine le motivazioni della sentenza

Nico Aurora

L’inchiesta dopo l’incendio del capannone dell’ex consigliere Damascelli. Maurizio Musci, capogruppo del Pdl, condannato per tentata concussione. Assolto il vicesindaco Di Marzio

TRANI -  Il processo Sistema Trani è stato caratterizzato dai tempi e contenuti dilatati. Lo dimostra prima di tutto la circostanza per la quale il deposito delle motivazioni da parte del Tribunale di Trani che ha emanato la sentenza, lo scorso 2 febbraio 2023, è avvenuto all’ultimo giorno utile, il novantesimo, ed esattamente martedì scorso, 2 maggio.

Quanto ai contenuti, sono ben 319 le pagine del corposo provvedimento rilasciato dal collegio presieduto da Giulia Pavese, a latere Paola Buccelli e Filomena Sara De Rosa entrambe in qualità di giudici estensori. La sentenza ricostruisce i capi d’imputazione, i contenuti di intercettazioni e sit, ma soprattutto l’istruttoria dibattimentale. La sintesi di tutto determina le decisioni, già note ma oggi finalmente motivate.

Tornando alla dilatazione dei tempi, la si era già sottolineata in occasione della lettura del dispositivo della sentenza, allorquando erano trascorsi 2966 giorni dagli arresti eccellenti del 20 dicembre 2014, a carico del sindaco dell’epoca, Luigi Riserbato, più altri fra politici e funzionari comunali. Nel 2016 altri provvedimenti cautelari e il nuovo filone di indagine che poi fu unificato al primo.

IN PRINCIPIO FU L’INCENDIO

Dalla lettura delle motivazioni però i tempi si allungano ancora e si comprende che Sistema Trani sia iniziato con l’incendio del capannone dell’ex consigliere comunale Nicola Damascelli, imputato, avvenuto nella notte fra il 14 e 15 settembre 2013. Pertanto, le motivazioni della sentenza di primo grado arrivano a distanza di quasi dieci anni da quel fatto di cronaca, in merito al quale un responsabile non è mai stato accertato nonostante sia stata chiarita la natura dolorosa dell’incendio. Da quel rogo, però, sarebbero poi partite le indagini su cui l’inchiesta Sistema Trani fu fondata.

Dopo l’incendio del suo show room partì un’attività di intercettazioni telefoniche ed ambientali sull’utenza di Damascelli, che aveva indicato in due presidenti di cooperative persone ipoteticamente portatrici di rancore nei suoi confronti, ed entrambi sarebbero stati interessati alla gara per la vigilanza dei siti del Comune. La gara veniva esperita e aggiudicata alla Sicurcenter di Palermo, che ebbe la meglio sulla Vigilanza notturna tranese, che fino a quel momento aveva avuto in gestione l’appalto.

LA DOPPIA, TENTATA CONCUSSIONE

Entra così in scena il reato di tentata concussione contestato all’imputati Giuseppe Di Marzio (vice sindaco, assolto) e Maurizio Musci (capogruppo del Pdl, partito di maggioranza relativa ed unico politico condannato nel primo filone a 2 anni e 6 mesi), per avere costretto almeno due società, interessate a partecipare alla gara per la vigilanza, alla indebita promessa di «foraggiare», ossia corrispondere loro somme di denaro di entità imprecisata fra i 5.000 e i 10.000 euro.

Di Marzio (per il quale la pubblica accusa aveva chiesto una condanna a 4 anni) sarebbe stato il mandante e Musci (il pm aveva chiesto per lui 2 anni) l’esecutore materiale di atti diretti, in modo non equivoco, a costringere Vincenzo Giachetti, legale rappresentante della Vigilanza notturna, a corrispondere imprecisate ma consistenti somme di denaro per vincere la gara.

Secondo la prospettazione accusatoria, ad agosto 2013 Musci aveva chiesto a Giachetti di passare presso il suo studio per una pratica e, nell’occasione, gli chiedeva se si stessero organizzando per la gara, aggiungendo che c’erano almeno due istituti di vigilanza «disponibili a foraggiare». Le dichiarazioni sono virgolettate poiché sono state rilasciate da Giacchetti e ritenute dal Collegio attendibili.

Giachetti gli chiedeva quale fosse l’importo e Musci lo invitava a fare un’offerta dopo averne parlato con il Cda della cooperativa: la Vigilanza ritenne di non accondiscendere alla richiesta. Successivamente si recò in Tribunale per informare della stessa cosa sua moglie, dipendente degli uffici giudiziari. Quest’ultima fu così sentita a sommare informazioni dal pubblico ministero Michele Ruggero confermando la versione del marito, ma non lo fece subito: la sit avvenne lo stesso giorno in cui la Sicurcenter si consenta risultava vincitrice della gara, 29 novembre 2013.

Secondo la versione di Musci, Giachetti aveva chiesto di incontrarlo per riferirgli che al Comune si erano già venduti da gara in favore della Sicurcenter, che aveva pagato una tangente di 200.000 e cominciato ad assumere qualcuno, tra cui anche un parente di un consigliere comunale di maggioranza. Nel frattempo la Vigilanza notturna era al tracollo, Giachetti non pagava gli stipendi da quattro mesi e nel frattempo aveva sempre accontentato richieste di assunzione provenienti da alcuni degli imputati del processo, compreso Di Marzio.

Successivamente Musci si era dimesso da consigliere comunale confidando in particolare al collega Beppe Corrado che Di Marzio gli avesse fatto fare delle cose che non avrebbe voluto fare, ma specificando che si riferiva a questioni meramente politiche. Di Marzio, a sua volta, aveva chiarito che qualunque cosa Musci avesse da dire in merito alla questione della gara, sarebbe stato opportuno che lo riferisse a chi di competenza e non a lui secondo.

PERCHÉ PAGA SOLO MUSCI

Il collegio, raccolte le prove in dibattimento, è pervenuto ad un giudizio di colpevolezza di Musci per tentata concussione nei confronti di Giachetti, circostanza invece esclusa per Di Marzio. Il collegio ritiene che sia stato Musci a chiedere una tangente per una serie di circostanze, non ultima il fatto che mentre Giachetti riferisce subito la circostanza al Cda ed anche a sua moglie, Musci non ne parla con alcuno. Inoltre il Tribunale non comprende come mai, avendo saputo di una richiesta di tangente di 200.000 euro corrisposta dalla Sicurcenter, non aveva sporto alcuna denunce, né tantomeno nei confronti di Giachetti per calunnia.

«La parola “foraggiare” - concludono i giudici - non lascia adito a dubbi in ordine all’evidente grave male ingiusto prospettato dall’imputato nei confronti di Giachetti, e cioè l’automatica esclusione dalla gara». Scontato il ricorso in appello di Musci, difeso dagli avvocati Amleto Carobello e Mario Malcangi.

Privacy Policy Cookie Policy