TRANI - Il medico è in dolce attesa e per questo il contratto di lavoro non viene prorogato. È questa la vicenda che ha determinato la condanna della Asl Bat a risarcire un’ematologa con poco più di 11mila euro, somma pari agli stipendi che avrebbe percepito se fosse stata assunta, oltre a tremila euro di danno morale.
La sentenza, depositata nei giorni scorsi, porta la firma del giudice del lavoro del Tribunale di Trani Floriana Dibenedetto.
Il ricorso, avviato nel 2019, venne presentato dalla consigliera regionale di parità, per conto della professionista.
I fatti risalgono però a qualche anno addietro, precisamente al 2016.
Nel mese di gennaio la dottoressa, specialista in ematologia, comunica alla Asl la propria disponibilità a ricoprire eventuali incarichi di dirigente medico, e avendo dato per prima la propria disponibilità viene convocata per il successivo 4 marzo per la sottoscrizione di un contratto a tempo indeterminato. In realtà, però, quel giorno non viene sottoscritto alcunchè. Tanto perchè il funzionario amministrativo preposto, vedendola in stato interessante, le avrebbe detto che quel giorno non poteva firmare il contratto, dovendosi a tel fine consultare prima con la dirigenza medica.
Nella sentenza viene riportata anche la testimonianza del marito della dottoressa: « Il dottore ricevette me e mia moglie nella sua stanza, comunicando che non poteva firmare il contratto perchè incinta e che per il futuro non sarebbe stato rinnovato alcun contratto».
Alla fine il contratto viene firmato il 22 marzo, con decorrenza dal primo aprile al 30 giugno. Ma dopo quella data l’ematologa viene lasciata a casa, nonostante la direzione generale a maggio avesse disposto la proroga automatica di tutti i contratti a tempo determinato con scadenza entro il 31 agosto. Ma c’è di più. La Asl stipulò altre due assunzioni in ematologia, una da aprile fino ad ottobre, e l’altra da giugno fino a dicembre.
«Alla luce di tutto quanto innanzi argomentato - si legge in sentenza - si ritiene che il comportamento della Asl Bt, manifestatosi nelle varie scelte, dalla mancata sottoscrizione in data 4.3.2016 fino alla mancata proroga del novembre 2016 sia stato discriminatorio nei confronti della dottoressa in questione. Non vi è altra spiegazione razionale, se non il suo stato di gravidanza prima e puerperio poi, per la tardiva sottoscrizione del contratto di lavoro e per la omessa proroga del contratto con la ricorrente. La stessa ha fornito prova della lamentata discriminazione».
«Si ritiene - prosegue ancora il giudice - che la ricorrente abbia subito un danno innanzi tutto patrimoniale, corrispondente all’importo della retribuzione persa a seguito della mancata proroga del contratto, pari a tre mensilità, considerando che anche i contratti delle colleghe della ricorrente hanno avuto durata massima di sei mesi e che la ricorrente dal primo ottobre è stata assunta dalla Asl Bari».
Per quanto riguarda la sussistenza del danno morale, si legge che «il comportamento discriminatorio della Asl Bt, manifestatosi per la prima volta con la mancata sottoscrizione del contratto di lavoro in data 4.3.2016 ha causato sin da subito alla ricorrente, quanto meno sino alla convocazione per il successivo 22.3, un patema d’animo, atteso che l’unico motivo ostativo alla sottoscrizione del contratto era stato proprio il suo stato di gravidanza, peraltro avanzatissimo, considerato che poi la dottoressa ha partorito il 23.3.2016; così come molto probabilmente tale patema d’animo sia stato vissuto alla scadenza del contratto, per l’omessa proroga, quando ormai poteva considerarsi terminato il periodo trimestrale di congedo obbligatorio di maternità post partum».