Il caso
Andria, piano di rientro: il giorno della verità
Si preannuncia un Consiglio comunale molto accesso sull’approvazione del documento
ANDRIA - Sarà certamente un consiglio comunale incandescente quello di questa sera, chiamato a discutere e approvare il piano di riequilibrio pluriennale. 74 pagine (con numerosi e corposi allegati) consegnati a ridosso della scadenza dei 90 giorni imposti e decorrenti dal 29 agosto scorso, quando il consiglio votò il disequilibrio. Non sono ancora definitive le posizioni ufficiali dei partiti in merito, ma già si preannuncia un dibattito serrato e alquanto velenoso. Intanto il piano lo scorso 24 novembre ha incassato il parere favorevole del Collegio dei Revisori dei Conti, parere poi trasmesso alla presidenza del consiglio comunale.
In 15 pagine l’organo di revisione ricostruisce fattori e cause dello squilibrio, dà atto che il piano contiene «tutte le misure necessarie per le condizioni di squilibrio rilevate» e conclude esprimendo parere favorevole «all’adozione di tutte le misure previste nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale».
Il parere precisa altresì che l’ente deve monitorare, con continuità, le misure finalizzate al ripiano e contenute nel piano stesso. Revisori a parte, va ricordato che quella di stasera è l’unica possibilità che il consiglio comunale ha per approvare il piano: qualora ciò non accada, si innesca una procedura che porta il Prefetto, su indicazione della Corte dei Conti, a diffidare il comune ad approvare nel termine di venti giorni il dissesto. Dunque, sul consiglio grava una responsabilità notevole: approvazione del piano obtorto collo, al fine di evitare il default. Modifiche, emendamenti, miglioramenti al piano potranno essere presentati ma, di fatto, il piano stesso non è emendabile contenendo una previsione spalmata su 15 anni: ogni modifica, insomma, provoca un effetto domino, difficile da ricomporre in così poco tempo. Il termine di 90 giorni, infatti, entro il quale il piano di riequilibrio deve essere presentato a Corte dei Conti e Ministero delle Finanze scade domani.
Quindi, o così o nulla. Una situazione questa che in maggioranza ha ulteriormente inasprito i rapporti già tesi, in particolare tra il sindaco Nicola Giorgino e il partito di Forza Italia. Ora, se le forze di opposizione quasi certamente non parteciperanno al voto, salvo qualche eccezione, anche se faranno sentire la propria contrarietà sul merito e sul metodo di questo piano di pre-dissesto, dalla maggioranza trapela una volontà differente: poiché la responsabilità di mandare il comune in default è troppo delicata, l’approvazione del piano in maniera compatta dal gruppo di Forza Italia ci sarà, ma a condizione che si accolgano le modifiche che saranno presentate. Modifiche che, in sostanza, non incidono sui numeri ma che determinano tuttavia una riduzione della spesa, oltre che rappresentare una scelta politica. Tra queste, il potenziamento dei servizi Tributi escludendo ogni ipotesi di esternalizzazione, contro cui il gruppo di Forza Italia, in particolare il consigliere Nino Marmo aveva già promesso opposizione strenua fin dal mese di agosto, quando si trattava solo di voci di corridoio.
Su questo Forza Italia sembra voler tirare dritto, senza ripensamenti. Il che potrebbe anche significare nel caso non passi uscire dalla maggioranza. Ma è solo un’ipotesi allo stato attuale. Altro punto che ritorna nella discussione è quello della riduzione del numero degli assessori a far data già dal 2019, già avanzato nel consiglio di agosto dall’allora consigliera di Forza Italia Laura Di Pilato, ora passata al Gruppo Misto: tornerà sulla proposta che pare ha raccolto consenso nel gruppo di Forza Italia.