L'appello

Minacce alla giornalista lucana Francesca Barra, offese le figlie. Solidarietà da Bardi: «Attacco a libertà di espressione e democrazia»

«Francesca è una voce libera, coraggiosa e profondamente legata alla sua terra. Questi attacchi rappresentano un’offesa alla libertà di espressione e al diritto di ogni cittadino di partecipare al dibattito pubblico senza paura»

Si moltiplicano in queste ore le prese di posizione a sostegno della giornalista lucana Francesca Barra, bersaglio sui social di gravi minacce e insulti, anche a sfondo personale e familiare. Le intimidazioni, che includono messaggi offensivi rivolti alle figlie e non velate minacce fisiche, hanno suscitato una forte reazione dal mondo politico e istituzionale.

Il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, attraverso l’ufficio stampa della Giunta ha espresso «la più sincera solidarietà alla giornalista lucana». «Le minacce che ha ricevuto – ha dichiarato Bardi – colpiscono non solo la sua persona, ma anche la sua famiglia. Francesca è una voce libera, coraggiosa e profondamente legata alla sua terra. Questi attacchi rappresentano un’offesa alla libertà di espressione e al diritto di ogni cittadino di partecipare al dibattito pubblico senza paura». Un messaggio chiaro e condiviso, quello delle istituzioni lucane, che ribadiscono come il diritto di informare e di esprimere opinioni non possa mai essere messo in discussione da chi usa l’odio come arma.

A lui si è aggiunto Mario Polese, capogruppo di Orgoglio Lucano – Italia Viva nel Consiglio regionale della Basilicata: «Quanto sta accadendo non è una questione di dissenso politico o di divergenza ideologica: è un attacco frontale ai principi fondamentali della nostra democrazia». Sottolinea come la giornalista abbia sempre mostrato “onestà intellettuale e impegno civile”, partecipando anche in prima persona a iniziative solidali e missioni umanitarie, come quelle in mare o legate alla causa palestinese. «Proprio questa sua trasparenza – afferma – viene ora strumentalizzata per trasformarla in un bersaglio». «Una giornalista che ha avuto il coraggio di raccontare temi sensibili viene attaccata per aver svolto, con rigore professionale, il suo dovere di cronista: documentare la realtà, inclusi gli episodi di violenza di una minoranza dopo una manifestazione pacifica. È un dovere civico e giornalistico raccontare i fatti nella loro interezza. Non si può accettare che di fronte a un racconto giornalistico si scateni una rabbia cieca che sfocia in minacce di morte e incitamento all’odio».

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