il vertice 

Basilicata, sindacati in allarme per l’indotto dell’Eni: 350 posti a rischio

ANTONELLA INCISO

I rappresentanti sindacali hanno chiesto l’intervento della Regione

I nuovi timori sono legati all’appalto gestito dalla società Maersk che sarà presto suddiviso in diversi lotti. Non c’è solo l’indotto Stellantis a suscitare preoccupazione in Basilicata. Ora a tremare è anche l’indotto petrolifero. Dopo gli esuberi della società Ecologica, dopo le questioni sollevate per il cambio di appalto del servizio antincendio, una nuova tegola arriva dall’annuncio di Eni della suddivisione in lotti dei lavori gestiti dalla società Maersk. “Si tratta di una vicenda che sta generando già forti tensioni sociali e preoccupazioni tra i lavoratori. Ad aggravare ulteriormente il quadro è la comunicazione frammentaria e non organica da parte di Eni, che non consente di avere una visione complessiva e trasparente della situazione” tuonano i rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm che evidenziano la “mancanza di prospettive chiare per il futuro occupazionale di tutti i lavoratori coinvolti a partire dal comparto Hub e dall’Ecr”.

Di qui, la richiesta, protocollata ieri, di un tavolo in Regione per fare il punto sulla “gestione della suddivisione dei lotti”, sugli “effetti diretti del progetto Mini Blue Water sulle attività del comparto Hub e sui posti di lavoro” e sulla “definizione di garanzie occupazionali stabili, anche in relazione agli investimenti futuri di Eni”. “Abbiamo richiesto un incontro in Regione perché si tratta di un appalto che coinvolge 350 persone” sottolinea Giovanni Galgano, segretario della Uilm che conferma anche la richiesta di sollecito per la convocazione del Tavolo della trasparenza Eni e Total. “Con l’Eni vogliamo fare il punto su quelli che sono gli investimenti futuri. Ad oggi nonostante sia stato preso l’impegno di presentare il local Report nulla è avvenuto – aggiunge Galgano - Ora l’assessore regionale al ramo deve convocare i tavoli della trasparenza di Total e di Eni perché dobbiamo fare il punto della situazione legata alla fase estrattiva e quella legata anche agli investimenti alternativi che devono garantire la transizione energetica ma anche l’occupazionale, altrimenti arriveremo tardi. Il 2025 è un anno strategico perché ogni anno che passa perdiamo un anno rispetto alle decisioni su cosa fare. Fino ad oggi non abbiamo un piano alternativo che possa riallocare - quando la fase estrattiva determinerà dei cali occupazionali - il personale che è occupato attualmente”. Insomma, una preoccupazione quella per i livelli occupazioni che, tra l’altro, sembra destinata a crescere.

“Sta succedendo quello che temevamo: anche la situazione dell’indotto petrolifero inizia a scricchiolare perché in una situazione generale come quella del petrolio i nuovi processi tecnologici che si stanno avviando rischiano di avere un impatto sui posti di lavoro -spiega Gerardo De Grazia, segretario della Confsal – È quello che già sta accadendo, ma in prospettiva con la riduzione delle estrazioni, la situazione potrebbe peggiorare. A questo, si aggiungono i cambi di appalto ed ogni volta che c’è un cambio di appalto bisogna vigilare per garantire le stesse retribuzioni e gli stessi standard di sicurezza. Molto spesso, però, questo non accade. Di qui, la richiesta del tavolo della trasparenza che deve riguardare le prospettive future sia dal punto di vista occupazionale sia della sicurezza ambientale”.

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