la decisione

«Seccia indagato per corruzione», archiviata pure la terza querela contro la Gazzetta: «L'articolo era corretto»

Il gup di Bari: il coinvolgimento del magistrato foggiano nell'inchiesta «Giustizia svenduta» di Lecce risulta dagli atti. «Falso quanto hanno sostenuto i suoi difensori»

Non è diffamatorio l’articolo con cui il 20 dicembre 2019 la «Gazzetta» ha raccontato la genesi dell’indagine per corruzione avviata dalla Procura di Lecce nei confronti di Domenico Seccia, all’epoca sostituto pg in Cassazione e oggi procuratore di Vasto. Lo ha stabilito il gup di Bari, Gabriella Pede, che ha rigettato l’opposizione presentata dai legali del magistrato contro la richiesta di archiviazione formulata dal pm.

Seccia era stato indagato sulla base delle dichiarazioni rese dall’imprenditore Flavio D’Introno, confermate e integrate dall’allora pm Antonio Savasta. Il gup ha quindi dato atto della «verità dei fatti» narrati nell’articolo, «frutto della trasposizione di quanto emerso nel corso dell’incidente probatorio» del giugno 2019 nell’ambito dell’indagine sulla «giustizia svenduta» di Trani. «Non corrisponde al vero – è scritto nel provvedimento - quanto sostenuto dal difensore di Seccia nell’opposizione alla richiesta di archiviazione, allorquando sostiene che nell’ambito dell’incidente probatorio non si faceva riferimento, in modo alcuno, a Seccia e non si discuteva della sua posizione in quanto stralciata. Dalla lettura del verbale di incidente probatorio, al contrario, emerge proprio quanto riportato da Scagliarini».

Quella archiviata nei giorni scorsi è la terza querela proposta da Seccia contro altrettanti articoli scritti da Scagliarini sull’indagine nei confronti dell’ex magistrato, per il quale la Procura di Lecce ha chiesto l’archiviazione per prescrizione ritenendo «certamente consumata» la corruzione. Il gup Pede ha smontato un’altra delle singolari tesi della difesa del magistrato, secondo cui il giornalista (difeso dall’avvocato Cristian Di Giusto) avrebbe dovuto scrivere che la Procura di Lecce si era sbagliata nelle sue valutazioni perché Seccia (nella sua qualità di giudice tributario) non aveva mai accolto ricorsi a favore di D’Introno. «Scagliarini – ha scritto il gup - si è limitato a riportare degli eventi giudiziari: l’iscrizione nel registro degli indagati e il contenuto delle dichiarazioni rese da Savasta, non essendo tenuto a valutare la verità di quanto dichiarato da Savasta nell’ambito dell’incidente probatorio. Del resto, il fatto che Seccia, vicepresidente di sezione della Commissione tributaria provinciale – quale presidente del collegio (sia pure senza esserne il relatore) avesse effettivamente accolto alcuni ricorsi di D’Introno è un dato oggettivamente riscontrabile in atti, poiché accertato nel corso del procedimento penale tenutosi a Lecce». Per queste vicende Seccia ha avviato anche due cause civili: il Tribunale di Trani ha già respinto una richiesta di risarcimento danni da 100mila euro nei confronti di Scagliarini e dell’editore Edime, condannando il magistrato (che ha fatto appello) al pagamento delle spese legali.

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