Le condizioni «degradanti» riservate ai cittadini stranieri trattenuti nell’ex Cie di Bari, la struttura per migranti irregolari che un tempo si chiamava Centro di identificazione ed espulsione e oggi Cpr, cioè Centro di permanenza per i rimpatri, hanno causato una «lesione di valori umanitari e solidaristici, costituzionalmente protetti, riconducibili all’identità storica, culturale, politica e sociale della città di Bari, costituenti patrimonio della comunità cittadina». Un danno che ora il Ministero dell’Interno, responsabile della gestione della struttura, dovrà risarcire. La Corte di Appello di Bari ha condannato infatti il Ministero a pagare 20mila euro al Comune (un risarcimento simbolico) oltre interessi e rivalutazioni monetarie da calcolare dal 2012, quando è iniziato il contenzioso. A queste somme, poi, si aggiungono gli oltre 15mila euro di spese legali.
Il procedimento nasce da un ricorso presentato nel 2012 dagli avvocati Luigi Paccione e Alessio Carlucci, alla cui battaglia si è poi aggiunto il Comune di Bari che ne ha condiviso le ragioni. In primo e secondo grado, nel 2017 e nel 2020, i giudici baresi avevano condiviso la questione della «violazione dell’identità di città accogliente» stabilendo già all’epoca un risarcimento dovuto a Palazzo di Città. Nel 2023, però, la Corte di Cassazione, pur confermando e rendendo quindi definitiva la valutazione sulle condizioni «degradanti» e la violazione dello statuto comunale, aveva messo in discussione che tale violazione avesse causato un danno risarcibile...
















