Il caso

Bari, agguato del 2017 a Japigia, la Corte d’Assise d’Appello assolve Busco: «mancano prove certe»

I motivi dell’assoluzione di Busco dall'omicidio Gelao avvenuto nel capoluogo pugliese

La prova era «meramente indiziaria», «nessuno ha visto il Busco» e «nessuno ha potuto vedere il volto dei soggetti che tolsero la vita a Gelao Giuseppe e tentarono di uccidere Palermiti Antonino». Per questo, secondo quanto si legge nelle motivazioni della sentenza, la Corte d’Assise d’Appello di Bari, lo scorso giugno, ha assolto «per non aver commesso il fatto» il pregiudicato barese Antonio Busco dall’accusa di omicidio volontario e tentato omicidio, aggravati dal metodo mafioso, relativamente all’agguato del 6 marzo 2017 in cui fu ucciso Giuseppe Gelao e ferito gravemente Antonino Palermiti. Busco, assistito dagli avvocati Salvino Mondello e Alessandro Cacciotti, in primo grado era stato condannato all’ergastolo.

Per la Dda di Bari l’omicidio di Gelao fu organizzato come vendetta per il precedente omicidio di Franco Barbieri, nell’ambito della faida tra il gruppo capeggiato da Busco e il clan Palermiti per il controllo dello spaccio di droga sul quartiere Japigia di Bari. L’accusa sosteneva che a partecipare all’omicidio di Gelao era stato un commando composto da quattro persone: Busco, Davide Monti, Giuseppe Signorile e Nicola De Santis. L’ultimo fu ucciso poche settimane dopo l’omicidio Gelao, mentre Monti e Signorile sono stati definitivamente assolti dall’accusa di essere gli esecutori materiali dell’agguato.

Nelle motivazioni dell’assoluzione, la giudice Rosa Calia Di Pinto scrive come «l'unico riconoscimento ricostruito e ritenuto a carico del Busco riguarda solo la sua sagoma», un elemento insufficiente per accertare la presenza dell’imputato sul luogo dell’agguato.

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