La storia
«Io, uomo maltrattato, a cui negano la paternità», da Bari la storia di un uomo picchiato dalla compagna e separato dal figlio
Il Codice Rosso al maschile e quel cortocircuito: in Italia non esistono strutture per uomini vittime di violenza. E la protezione si ferma alla madre
«Ma lei quando ha visto la violenza della sua compagna, quando ha capito che anche vostro figlio era in pericolo, perché non ha preso il bambino ed è andato via?». Carlo davanti alla domanda del giudice abbassa un po' lo sguardo, poi alza il volto, gli occhi sono come due fessure: «Chi avrebbe creduto alle mie parole? Chi avrebbe potuto accettare che io venivo picchiato e che andare via era un modo per salvare me stesso e mio figlio? Mi rispondo da solo. Nessuno. Anzi, sarei stato accusato di aver tolto un figlio alla madre. Sarei passato dalla parte del carnefice. E sarei stato crocifisso».
Nessuno nell'aula di tribunale emette un suono. Le parole di Carlo svelano un pregiudizio purtroppo comune: un uomo non può essere picchiato da una donna, non può essere «la vittima».
E invece è quello che Carlo da mesi provava a denunciare nel silenzio di chi gli stava intorno, nelle alzate di spalle di chi ha liquidato il problema come inesistente. Carlo naturalmente è un nome di fantasia, ma la storia è verissima: un caso di codice rosso al maschile, dove l'abusato è lui. E che però oggi si trova ad essere vittima tre volte: della compagna violenta, del pregiudizio di chi non lo crede nonostante audio e video provino il contrario, di una legge che nella sua attuazione non prevede l'ipotesi di un padre abusato da mettere in sicurezza con i propri figli. Esattamente come prevede il Codice rosso quando invece si attiva per una donna...
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