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A Bari la protesta dei magistrati contro la riforma: «Alla fine verranno danneggiati solo i cittadini». Rossi: «Riforma non democratica»
Bari come Milano e Roma, le tre sedi di corte d’appello dove l’associazione nazionale magistrati ha voluto confrontarsi e incontrare i cittadini per dire ‘no’ alla riforma della giustizia
Bari come Milano e Roma, le tre sedi di corte d’appello dove l’associazione nazionale magistrati ha voluto confrontarsi e incontrare i cittadini per dire ‘no’ alla riforma della giustizia. Riformare la magistratura per non riformare la giustizia dicono. Il filo conduttore è che le riforme si ritorceranno proprio contro i cittadini. Ad introdurre i lavori, la presidente distrettuale dell’Anm Antonella Cafagna. I giudici non hanno alcun dubbio: il governo vuole andare oltre il merito della riforma, il vero pericolo, dicono, è delegittimare la magistratura e a rimetterci saranno proprio i cittadini. Prima del dibattito che si svolge nell’aula della corte d’assise, i magistrati si sono schierati davanti al palazzo di giustizia di via Dioguardi. Un fronte comune per dire ‘no’ alla riforma.
"Riteniamo che l'accelerazione di una legge costituzionale" per l'approvazione della riforma della giustizia "sia fatta in modo non democratico per approvare norme non democratiche, come il voto del Csm con il sorteggio. Proclamare l'indipendenza della magistratura è il nostro modo di difendere la Costituzione". Lo ha detto il Procuratore di Bari, Roberto Rossi, a margine dell'evento 'Riformare la magistratura per non riformare la giustizia?', organizzato dalla Associazione nazionale magistrati nell'aula della Corte d'Assise di Bari. "Riteniamo che il Parlamento sia saggio, non accelererà ma permetterà il dialogo. Al Parlamento chiediamo di fermarsi, di riflettere e di pensare che una riforma così come è pensata è contro l'indipendenza della magistratura e dei cittadini", ha aggiunto Rossi, spiegando come "la divisione delle carriere comporta inevitabilmente un pm sganciato dal giudice e non capace dell'indipendenza che è necessaria. Non c'è dubbio che sganciandolo dal giudice lo si manda verso l'esecutivo".
"La riforma" della giustizia già approvata in prima deliberazione alla Camera "non risolve i problemi della giustizia che sono ben altri: la lentezza dei processi, le risorse umane e materiali" che mancano, "la burocrazia che rallenta i processi. Separare le carriere è inutile e dannoso, perché fa sorgere un pm che aumenta uno spirito corporativo e diventa più organo d'accusa che di giustizia. Ed è una riforma dannosa perché triplicando gli organi costituzionali triplicheranno anche costi e burocrazia: nel 2024 il Csm è costato ai cittadini 42 milioni di euro, triplicare significa arrivare a 130 milioni". Così Pietro Grasso, ex magistrato ed ex presidente del Senato, a margine dell'incontro 'Riformare la magistratura per non riformare la giustizia?', organizzato dalla Associazione nazionale magistrati. "La politica deve risolvere i problemi - ha aggiunto -, se si parla di correntismo si deve cercare un modo per limitarne i danni. Serve dare risorse alla magistratura e alle forze di polizia per portare avanti le indagini".
"È la prima volta che si fa una riforma non della giustizia, cioè che tocchi il funzionamento dei processi, dei procedimenti, delle risorse, ma si mette mano allo status dei magistrati, alla loro organizzazione e ai loro rapporti con gli altri poteri dello Stato. Cioè si tocca per la prima volta la Costituzione e, a nostro avviso, si fanno dei danni per i cittadini". Lo ha detto il presidente della Corte d'Appello di Bari, Francesco Cassano, a margine dell'incontro 'Riformare la magistratura per non riformare la giustizia?', organizzato dalla Associazione nazionale magistrati nell'aula della Corte d'Assise di Bari. "Questo perché - ha aggiunto - si indebolisce profondamente un organo di garanzia come il Consiglio superiore della magistratura, lo si priva di alcune funzioni essenziali: si scelgono i componenti del consiglio per il tramite di una cosa assurda che non esiste per nessuna altra istituzione, cioè attraverso il sorteggio. I magistrati vengono così privati del diritto di scegliersi i propri i propri rappresentanti sostanzialmente. Questo è un unicum che noi non possiamo accettare". "Vorremmo avere grande fiducia nella capacità" del parlamento "di ripensare alcune scelte profondamente sbagliate, una su tutte proprio quella del sorteggio", ha detto ancora Cassano. "Purtroppo l'accelerazione" dei lavori per l'approvazione della riforma "ci fa pensare che si voglia arrivare alla conclusione del percorso nello stesso modo in cui è stata proposta", ha concluso.
''Gli eventi di oggi, a Roma, Milano, Bari, si svolgono con tante personalità del mondo della cultura, dell'università, ma anche del giornalismo e dello spettacolo per confrontarci con loro sull'aspetto della riforma che riguarda il metodo scelto dal governo. Quello di portare avanti a tappe forzate una riforma costituzionale ed è forse la cosa su cui per primi abbiamo manifestato le nostre perplessità''. Lo ha affermato il segretario generale dell'Associazione nazionale dei magistrati (Anm), Rocco Maruotti, a margine dell'evento organizzato dalla stessa Anm a Roma contro l'accelerazione della maggioranza sulla riforma costituzionale della giustizia. ''Il governo avrebbe potuto modificare e rendere più accettabile anche per le forze di minoranza il testo e quindi approvarlo forse anche con i due terzi - ha sottolineato Maruotti - ha deciso invece di andare avanti con un testo che per molti partiti non è accettabile''. ''Si arriverà al referendum costituzionale probabilmente nell'arco di un anno e, a differenza di quelli appena conclusi, sarà un referendum senza quorum che chiamerà alle urne tutti i cittadini con la consapevolezza che il voto di ciascuno potrebbe essere decisivo - ha aggiunto Maruotti - È proprio per questo motivo che continuiamo a chiedere che il dibattito, nel Paese, ma ancora prima in parlamento, sia ampio per consentire ai cittadini di potersi orientare di fronte a un quesito che non sarà semplice e che speriamo non si risolva in un sondaggio o confronto politico tra una fazione e l'altra. Vorremmo che i cittadini arrivassero consapevoli alle urne, con la possibilità di sapere cosa stanno votando perché quel voto inciderà forse irreversibilmente sulla Costituzione''.