la sentenza

Inchiesta «Nemesi», cocaina e aste truccate nel Barese: assolto il cognato del boss di Japigia

isabella maselli

Cinque condanne ridotte a assoluzione per Filippo Mineccia, che secondo la Dda di Bari era il fornitore di droga dei sodali di Altamura

BARI - Cinque condanne ridotte a assoluzione per il cognato del boss di Japigia, Filippo Mineccia, che secondo la Dda di Bari era il fornitore di droga dei sodali di Altamura. Si chiude così il processo di appello su un filone dell’inchiesta «Nemesi». L’ipotesi degli inquirenti, in gran parte confermata dalle sentenze, è che la cocaina arrivava direttamente da Japigia, grazie agli accordi d’affari stretti con il clan Parisi-Palermiti e, oltre alla tradizionale redditizia attività dello spaccio di droga, di cui gli affiliati ai D’Abramo Sforza detenevano il monopolio sulla Murgia, il gruppo mafioso di Altamura minacciava la concorrenza per truccare le gare pubbliche.

È stato accertato come l’organizzazione mafiosa murgiana riuscisse a impedire il regolare svolgimento di alcune gare pubbliche, condizionandone - in cambio di danaro - gli esiti in favore di imprenditori «amici» dietro minaccia agli altri partecipanti per scoraggiarli a «rilanciare» le offerte. L’inchiesta ha documentato, grazie anche alle dichiarazioni di sette «pentiti», quasi un decennio di mafia altamurana: summit durante i matrimoni dei sodali, riti di affiliazione, tentati omicidi ai danni di boss rivali, coinvolgimento del gruppo criminale nelle aste giudiziarie per l’acquisizione di immobili, rapporto con il clan Parisi di Bari da cui si riforniva di droga. L’attività principe del gruppo mafioso era appunto la gestione, in regime di monopolio, di tutte le fiorenti piazze di spaccio di Altamura, alimentandole con regolarità di cocaina, hashish e marijuana, indistintamente approvvigionate da Cerignola e dal clan Parisi-Palermiti di Japigia, con il quale il gruppo aveva stretto, per i traffici di droga, una specie di «joint venture». Un giro di affari illecito milionario che gli investigatori hanno documentato incrociando i redditi dichiarati con il tenore di vita dei nuclei familiari di alcuni degli elementi apicali del clan, ottenendo anni fa anche la confisca di beni del valore di circa 2 milioni di euro.

In questo stralcio dell’inchiesta Nemesi erano alla sbarra in sei: gli altamurani Michele Cicala, Giuseppe Laborante, Giuseppe Moramarco, Pasquale Sciannanteno, il cerignolano Vincenzo Fratepietro e Filippo Mineccia, cognato del capo clan di Japigia. Per i primi cinque i giudici della Corte di Appello hanno lievemente ridotto le pene, mentre Mineccia – condannato in primo grado a 8 anni di reclusione per traffico di droga - è stato assolto «per non aver commesso il fatto»

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