BARI - Sono 69 le richieste di aiuto ricevute, da gennaio 2025 a oggi, dal centralino del Centro antiviolenza «Paola Labriola» di Bari, gestito dall’associazione Giraffa. Dietro ogni chiamata, una storia di dolore, paura, bisogno di protezione. Ma anche il primo passo verso un percorso di uscita dalla violenza. Ogni richiesta è stata seguita da un’attenta valutazione del rischio e ha portato alla presa in carico delle donne, alle quali viene garantito un accompagnamento personalizzato da parte di un’équipe multidisciplinare.
Ed è proprio con questo obiettivo che nasce il progetto «A un passo da te», promosso dall’Aps Giraffa in partenariato con l’Asd The Studio, il Liceo Scientifico Gaetano Salvemini e l’Istituto Comprensivo «Grimaldi - Lombardi» di Bari. Il cuore del progetto è un camper trasformato in sportello mobile, attrezzato per raggiungere le donne direttamente nei quartieri più periferici, nelle piazze, nei contesti scolastici e nei luoghi di aggregazione. Un mezzo che diventa presidio sociale, punto di ascolto e orientamento, grazie alla presenza di operatrici specializzate pronte a offrire un primo supporto e, se necessario, accompagnare fisicamente le donne verso un centro antiviolenza o andare a prenderle.
«Con questo camper vogliamo raggiungere i quartieri più difficili di Bari, ma anche le piazze e i comuni dell’area metropolitana – ha spiegato Maria Pia Vigilante, presidente dell’Aps Giraffa -. Abbiamo partecipato e vinto il bando di Puglia Capitale Sociale della Regione Puglia, grazie al quale, oltre a organizzare laboratori con i nostri enti partner nelle scuole, abbiamo potuto acquistare questo camper: uno spazio mobile di ascolto e accoglienza per le donne vittime di violenza. Il camper sarà uno sportello itinerante di prossimità, dove le donne potranno ricevere le prime informazioni, conoscere il numero di emergenza 1522, avviare un contatto con noi e scoprire quale sia il centro antiviolenza più vicino. Quante ci chiedono aiuto vengono seguite da un’equipe multidisciplinare composta da psicologhe e avvocate, e, quando necessario, forniamo anche supporto ai minori coinvolti. Interrompere il ciclo della violenza significa non solo proteggere le donne, ma anche garantire ai bambini una crescita sana, sottraendoli al trauma della violenza assistita».
L’ascolto è il primo passo, spesso il più difficile, ma anche il più urgente. Per l’85,9% delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, la necessità principale è proprio quella di essere ascoltate. Segue poi, nella maggior parte dei casi, il bisogno di sostegno psicologico, assistenza legale e consulenza sociale. Ma prima di tutto, serve qualcuno che tenda la mano, senza giudizio, per accogliere.
«Questo camper rappresenta per noi uno strumento prezioso – ha spiegato Paola Rizzo, coordinatrice del Centro antiviolenza Paola Labriola dell’associazione Giraffa -: vogliamo portare il nostro messaggio nelle piazze, facendo sensibilizzazione diretta e avvicinando in particolare gli adolescenti. Per questo abbiamo scelto di partire da una scuola: la formazione scolastica è infatti uno dei pilastri del nostro lavoro. Se vogliamo davvero prevenire e contrastare la violenza, dobbiamo iniziare proprio dai più giovani, introducendo un linguaggio nuovo e strumenti adeguati affinché imparino a riconoscere i segnali precoci di una relazione violenta».
L’obiettivo è ambizioso: abbattere le distanze fisiche e psicologiche che spesso impediscono alle donne di denunciare la violenza, intercettare il disagio prima che diventi emergenza e fornire supporto anche alle adolescenti, affinché sappiano riconoscere e prevenire comportamenti a rischio.
«Mi piace ripetere che la scuola è un presidio di civiltà – ha detto Tina Gesmundo, dirigente scolastica dell’Istituto Salvemini di Bari - È proprio attraverso l’educazione al rispetto dell’altro che possiamo contrastare ogni forma di violenza e questo percorso inizia tra i banchi. In questi dodici anni alla guida del Salvemini, ho raccolto diverse testimonianze di studentesse che si sono confidate con la psicologa dell’istituto, riferendo situazioni di disagio, talvolta legate a molestie in ambito familiare. Anche alcune madri si sono rivolte a noi per chiedere supporto o un intervento. Fortunatamente non abbiamo riscontrato casi gravi o eclatanti, ma ciò non toglie che la scuola debba continuare a essere un punto di riferimento sicuro, dove i ragazzi possano sentirsi ascoltati e protetti».