l'intervista

Bari, al via la corsa per il dopo Bronzini in Ateneo. Il candidato Ponzio: «Ecco i miei capisaldi»

Davide Lattanzi

A giugno le elezioni per il nuovo rettore. Il direttore del dipartimento di Innovazione Umanistica punta su un’inclusione globale

BARI - Entra nel vivo la corsa al «dopo» Stefano Bronzini che il prossimo 30 settembre esaurirà il suo mandato da rettore dell’Università di Bari. Dal 5 giugno, però, si voterà per eleggere il suo successore. Sei i candidati ufficiali: Roberto Bellotti (direttore del dipartimento interateneo di Fisica), Alessandro Bertolino (direttore del dipartimento di Biomedicina traslazionale e neuroscienze), Nicola Decaro (direttore del dipartimento di Veterinaria), Danilo Caivano (docente di Informatica), Luigi Palmieri (direttore del dipartimento di Bioscienze), Paolo Ponzio (direttore del dipartimento di Ricerca e Innovazione umanistica). Nell «viaggio» per conoscere programmi, idee e progetti, ecco la strategia di Paolo Ponzio.

Quali sono i tre capisaldi del suo programma?

«Valore pubblico, partecipazione e autonomia. Valore pubblico della ricerca, della pluralità come pensiero e della necessità di essere presidio pubblico di alta formazione. Partecipazione di tutte le componenti universitarie al governo dell’Ateneo: occorrono strumenti strutturali di condivisione. Autonomia rispetto a forme di intromissione della politica perché desideriamo essere indipendenti rispetto a ogni forma di mercificazione: la formazione non risponde al mercato, ma all’integrità della persona».

Si vive un decremento di iscrizioni: come invertire la tendenza?

«Non possiamo continuare a fare catenaccio come in questi anni. Siamo e continueremo a essere un ateneo “presenziale”, ma dovremo essere attenti a rispondere alle esigenze di studenti che vivono l’università in modo differente ai quali occorre dare un’offerta formativa diversa per alcuni Corsi di Studio che già ora si rivolgono a persone che non possono frequentare normalmente. È a loro che dobbiamo pensare: perché ora trovano risposta alle loro esigenze altrove, come accade in molti Atenei simili quali Roma-Sapienza, Padova, Bologna, Milano».

Edilizia, spazi, esigenze: quali sono le priorità?

«Sull’edilizia universitaria e gli spazi è necessario diversificare gli aspetti: uno interno e l’altro esterno. La questione interna riguarda l’ammodernamento delle aule e degli spazi per il quale l’università ha già provveduto a deliberare lavori per il prossimo triennio. Ovviamente allargare gli orari di apertura delle aule studio che già sono state ampliate con l’apporto dei molti volontari del servizio civile. Occorrerà poi pensare a luoghi di socialità differente anche per la comunità universitaria su cui il nostro Ateneo è indietro. Altro aspetto concerne gli spazi esterni, a partire dallo sviluppo del progetto “Spazi terzi UniBa” che, come sperimentazione, prevede una prima implementazione nei quartieri Murat, Libertà e San Paolo. Ci impegneremo ad attivare tavoli strutturali con il Comune, i Municipi, la città metropolitana e regione Puglia: mense, alloggi, spazi di creatività dovranno essere realizzati utilizzando anche i fondi di coesione appena sbloccati dall’accordo di programma tra Governo e Regione».

Bari accusa una netta fuga di talenti: ovviare?

«Viviamo in un contesto territoriale fortemente condizionato dall’economia. I nostri studenti migliori a volte lasciano la nostra regione per trovare lavoro altrove. Regione Puglia ha adottato una strategia “mare a sinistra” che si rivolge proprio all’idea del ritorno dei talenti. Ma bisogna creare le condizioni affinché poi permangano: queste strategie talvolta sono varate nel chiuso di alcuni palazzi senza un coinvolgimento diretto di quelle agenzie che pensano all’alta formazione delle giovani generazioni, università, accademie.

Le filiere produttive si costruiscono soltanto mettendo insieme vari soggetti che concorrono al bene comune rappresentato dal futuro del nostro territorio».

Quali strumenti occorrono per potenziare la ricerca?

«Il dottorato è oramai il terzo livello della formazione: quello più importante perché appartiene a una formazione di livello altamente specialistico. In questi anni abbiamo avuto centinaia di dottorandi, anche attraverso le risorse Pnrr, che non troveranno posto nella sola accademia. Dobbiamo farci carico di queste persone qualificate affinché il mercato del lavoro possa offrire loro un’adeguata posizione, intercettando imprese e aziende del nostro territorio, ma invitando al contempo enti e amministrazioni pubbliche a pubblicare bandi pensati per dottori di ricercaì. In Paesi vicini al nostro come Francia o Spagna esistono già esempi in tal senso».

Bari è tra le prime città per accesso alle università telematiche: è un segno di crisi?

«Il problema non sono le telematiche ma la considerazione di cosa sia un’Università nel XXI secolo. Possiamo indietreggiare rispetto alle innovazioni tecnologiche? La questione è un’altra: come affrontare la socialità in un mondo differente. In UniBa dovremo ripensare il welfare aziendale e gli spazi di vita della nostra comunità studentesca senza i quali ci si potrà ritrovare da soli anche se si frequenta in presenza. La vera questione è la fragilità nella relazione per paura dell’altro: per questo è appena partita nel Dirium una sperimentazione all’interno del Centro di Apprendimento Permanente che prevederà la formazione specifica di «helper», ovvero persone della comunità universitaria che avranno il compito di aiutare gli studenti nell’affrontare situazioni di stress, preoccupazioni, ansia. È un piccolo segno che presto vorrei si estendesse all’intera comunità universitaria e oltre: abbiamo un orizzonte di responsabilità sociale dell’intero territorio».

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