serie b

Un Bari senz’anima: il calendario tosto l’ultimo dei problemi

antonello raimondo

La squadra, da gennaio, non migliora: ecco il vero problema

BARI - Stagione complicata. Dalla difficile lettura, soprattutto. Già in autunno si era intuito che per i commentatori sarebbero stati mesi ricchi di imbarazzo. Alti e bassi continui, una classifica che non vuol saperne di «sistemarsi». Con pochissime eccezioni (Sassuolo e Pisa in alto, Cosenza giù). In questo «guazzabuglio» ci sta benissimo il Bari che proprio non vuol saperne di costruirsi un «abito» credibile. Squadra che resta indecifrabile, sostanzialmente. Capace di giocare partite serie ma anche di lasciare in eredità sensazioni sgradevoli. Un po’ quello che è successo a Carrara, con un secondo tempo che grida vendetta per sostanza, carattere, gioco, fisicità e mentalità. Da gennaio, d’altronde, non si è quasi mai visto un Bari convincente. Ci si aspettava una crescita collettiva attraverso un percorso virtuoso anche a livello individuale. E invece oggi ci si ritrova con tanti uomini incapaci di alzare il livello delle prestazioni. Partendo dalle certezze per finire a quelli che, finora, non sono mai riusciti a dare una versione brillante di se stessi.

Le prestazioni, già. Sbaglia, e di grosso, chi pensa che il problema del Bari sia rappresentato dal quoziente di difficoltà dei prossimi impegni in campionato. Vero, Catanzaro e Palermo sono avversari importanti. Ma il loro valore non deve distrarre spostando la questione principale su altri piani. Il Bari di oggi farebbe fatica contro chiunque. E s’è capito che non è più una questione legata alla scelta degli uomini. Più o meno offensivi che siano. Il cuore del problema sta nell’involuzione complessiva della squadra che trova la massima espressione in una scarsissima pericolosità offensiva. Vero, a Carrara c’è scappata qualche fiammata ma quasi sempre sugli sviluppi di calci piazzati. Manca brillantezza e, forse, il coraggio di osare. Forse, sì. Perché poi succede che la squadra, come a Carrara, manchi di intensità e capacità di creare gioco anche quando c’è ormai poco da difendere. Può mancare coraggio se sei in vantaggio o stai pareggiando. Ma se barcolli quando c’è da rimontare... bè ovvio che la questione sia molto più seria e complessa.

Le dichiarazioni di Longo hanno ulteriormente acceso il dibattito. L’allenatore, proviamo a fare sintesi, ha parlato di una squadra che patisce gli episodi sfavorevoli anche per la pressione di una tifoseria che da «un mese fischia i calciatori». Difficile capire quanto di vero ci sia in queste parole. Di certo c’è che, fosse davvero così, sarebbe gravissimo. Un limite invalidante per una squadra che ambisce alla costruzione di un percorso ambizioso. Motivo per cui le parole di Longo non sembrano affatto un comodo alibi, come in tanti ritengono. Un alibi nasce per togliere responsabilità. E, in questo caso, sarebbe solo un aggravare la situazione. Detto in soldoni, una squadra fragile è una squadra poco competitiva. Scarsa, insomma. Per l’alto livello.

Longo ne sa certamente più di noi. Però il recente passato dice che non è andata sempre come a Carrara. Nel match contro la Cremonese, non proprio l’ultima della classe, il Bari ha avuto una bella reazione emotiva. E pure contro la Samp, in una giornata dalle grandissime difficoltà tecnico-tattiche, i biancorossi hanno trovato la forza per rimettere il punteggio in equilibrio. Ecco perché commentare le vicende del Bari assomiglia sempre più a un esercizio acrobatico. Chi ci capisce qualcosa... è un fenomeno. Al netto di una «pressione» che non può mai diventare un limite. Sui social, ieri, l’ha urlato al mondo intero un grande del passato, Sandro Tovalieri. «Noi, quando giocavamo davanti a 60 mila tifosi la pressione la mettevamo agli avversari, in campo e fuori», la sentenza del “Cobra”. Chi la soffre ha una sola strada davanti: cambiare squadra. Senza rancore. Bari non è per tutti, storia vecchia. E nel calcio, da sempre, esistono i livelli. A ciascuno il proprio.

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