BARI - La tomba di San Nicola è rimasta chiusa ininterrottamente dal 1089 - quando sono giunte a Bari dalla Turchia - al 1957. Le reliquie, tranne qualche velleitario tentativo di furto tra il XII e XIII secolo, non sono mai uscite dalla cripta. Nessuna donazione, nessun passaggio di consegne nelle mani di altro ente religioso e ancora meno di un privato. E anche quando, dal 1825 al 1929, la Basilica era nelle mani del Re e non del Papa, gli esperti del Tpc, i carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale, hanno accertato che non sono state registrate concessioni rege di reliquie. Cosa che non risulta neppure all’archivio storico diocesano dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto. Insomma, non ci sono documenti che attestino un’elargizione dei resti di San Nicola.
Eppure a Winnipeg, capitale della provincia del Manitoba in Canada, nel 2019 sono stati sequestrati due reliquiari contenenti presunti frammenti ossei del vescovo di Myra provenienti dall’Italia. Un anno dopo ne è stato requisito un terzo. E a giorni i tre oggetti sacri, la cui autenticità è ancora tutta da dimostrare, torneranno in Italia. Se a Bari non è ancora chiaro, anche se la visita del ministro della Cultura Alessandro Giuli in Puglia prevista il 31 marzo potrebbe essere l’occasione per dare risposte. È stato proprio il ministro, due giorni fa, ad annunciare lo straordinario ritrovamento e la restituzione al nostro Paese, decenni dopo la loro presunta illecita esportazione.
Un mistero, il presunto viaggio oltreoceano delle reliquie di San Nicola, che potrebbero essere gli esperti nicolaiani a svelare. «Siamo pronti ad esaminarle e fare tutti gli accertamenti» dice il professor Francesco Introna, direttore dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari e tra i massimi attuali conoscitori delle ossa del santo. È stato lui nel 2005 a ricostruire virtualmente il volto del vescovo di Myra sulla base delle radiografie fatte cinquant’anni prima dal barese Luigi Martino, professore di anatomia e radiologo, primo e unico ad aver aperto la tomba del santo. Poi, nel 2017, una costa del santo fu traslata in Russia: la squadra guidata da Introna entrò nel sacello con un gastroscopio, dallo stesso buco da cui si estrae la manna. Nell’occasione fu eseguita la densitometria ossea, che confrontata con quella dei frammenti trovati in Canada potrebbe confermarne l’autenticità.
Le reliquie intercettate nel 2019 dal Canada border services agency, l’agenzia federale canadese deputata ai controlli doganali e delle frontiere, consistono in un «ex ossibus», cioè un frammento osseo accompagnato da un sigillo in ceralacca e relativa autentica datata 2 maggio 1968. Sopra c’è la firma di monsignor Michele Mincuzzi, vescovo ausiliario dell’Arcidiocesi di Bari (all’epoca era arcivescovo Enrico Nicodemo, come riporta l’intestazione del documento), attestante l’elargizione della reliquia in favore di un privato. La seconda è una custodia con più reliquie, una delle quali apparterrebbe a San Nicola. Anche questo contenitore sacro è corredato da autentica datata 2 agosto 1841, a firma del cardinale Giovanni Soglia Ceroni. Il commerciante di oggetti antichi che le aveva con sé confessò di non essere in possesso di documenti sull’acquisto e l’esportazione dall’Italia (di qui il sequestro). Estate 2020, la scena si ripete ancora al valico doganale di Winnipeg: gli agenti del Csba bloccano la spedizione di una statuetta lignea risalente al XVII secolo, raffigurante San Nicola, priva di documenti.
I canadesi informano le autorità italiane ed entrano in scena il Ministero della Cultura, il Comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, con i suoi specialisti nella cooperazione internazionale, i carabinieri del Tpc di Bari, al comando del colonnello Giovanni Di Bella e di Venezia, altro centro del culto di San Nicolò. Emerge, dopo un attento esame condotto da esperti sulle fotografie delle reliquie recuperare in Canada, che la firma di monsignor Mincuzzi sarebbe autentica ma non il contenuto del documento, perché solo uno storico con uno scienziato possono accertare l’appartenenza dei resti alle spoglie del santo. Stesso discorso per la seconda reliquia «autenticata». I tre oggetti sacri vengono comunque ritenuti autentici, confiscati e restituiti all’Italia. Resta però il mistero, nascosto nello scorrere dei decenni: come siano finiti nelle mani sbagliate. Per il momento non è stato possibile stabilire se, quando e a quale ente ecclesiastico siano state concesse o se siano state rubate. Ma, soprattutto, resta da accertare se siano vere.
«Esiste un enorme mercato di reliquie - ricorda Introna - Basta digitare “reliquie di San Nicola” su internet per trovarne decine, anche uguali a quelle sequestrate in Canada».