BARI - «Ci siamo salvati per miracolo, è vero, e abbiamo salvato altre persone. Quando ho capito che la situazione stava precipitando, mi sono attaccato ai citofoni, ho suonato a tutti, c’era anche una signora con un bambino che dormiva. Non aver avuto vittime per me è un elemento di felicità». Sono le parole di Stefano Simone, l’ingegnere che al momento del crollo della palazzina di via Pinto 6, nel quartiere Carrassi, alle 18.44 del 5 marzo, era lì. Simone è uno dei progettisti del cantiere ridotto ormai ad un cumulo di macerie ed è anche il direttore dei lavori delle opere architettoniche.
Nella squadra dei tecnici incaricati dal condominio di progettare e dirigere i lavori di «risanamento strutturale», affidati per 550mila euro alla ditta «Dell’Aera Costruzioni srl», c’erano altri tre progettisti delle opere strutturali, gli ingegneri Giuseppe Davide Tasso (nel ruolo anche di direttore dei lavori strutturali) e Giuseppe Antonio Massa e il professor Giuseppe Carlo Marano. Con Simone, al momento del crollo, c’erano anche altri due tecnici e due operai. Erano lì quando in pochi secondi il palazzo è imploso, riducendo in poltiglia cinque piani e 26 unità immobiliari.
Era stato chiamato da un collega che era già sul posto, dopo la segnalazione di nuove crepe sospette da parte di un condomino. È bene ricordare che l’edificio era stato sgomberato ed evacuato un anno fa, il 24 febbraio 2024, con un’ordinanza comunale che ne aveva certificato la condizione strutturale di pericolo. Un anno dopo, il 25 febbraio scorso, l’impresa aveva cominciato i lavori di messa in sicurezza e consolidamento. Nonostante il divieto assoluto, alcuni condomini continuavano ad accedere ai rispettivi appartamenti. E lo hanno fatto anche il 5 marzo. Non soltanto la 74enne Rosalia De Giosa, rimasta intrappolata sotto le macerie e salvata dopo 26 ore.
«C’era una famiglia dentro» racconta Simone. «Mi sono arrabbiato - spiega - perché non doveva esserci nessuno. Ho visto la signora, c’era anche un bambino che dormiva. Ho intimato loro di uscire immediatamente». All’allarme lanciato dall’ingegnere, pochi minuti prima che il palazzo crollasse, la donna gli avrebbe risposto: «Non ci sono solo io, nell’edificio ci sono almeno altre quattro persone». A quel punto «mi sono precipitato davanti ai citofoni e ho iniziato a suonare a tutti ma nessun altro mi ha risposto».
Quindi è tornato nel seminterrato, dove i suoi colleghi e gli operai stavano controllando i pilastri...