BARI - Sono state determinanti le valutazioni amministrative effettuate dalla Prefettura sulla base della relazione degli ispettori. Ma hanno pesato, da un lato, il noto scetticismo di Matteo Piantedosi rispetto a un meccanismo che il ministro ha più volte definito come «lacerante e doloroso», e dall’altra la moral suasion effettuata dall’ex sindaco Antonio Decaro, che da presidente Anci in carica ha costruito un rapporto personale e consolidato con i funzionari del Viminale cui era affidata l’istruttoria sul caso Bari. Quindi, certo, i sei mesi di accertamenti ispettivi non hanno trovato tracce di compromissione degli amministratori comunali baresi con la mafia. Ma a fronte dell’enorme discrezionalità lasciata al governo in questi casi, sembra aver prevalso una certa dose di realpolitik: meglio - per il centrodestra, che pure aveva chiesto a gran voce lo scioglimento - poter ora sventolare le numerose criticità emerse dall’ispezione, piuttosto che trasformare Antonio Decaro in un martire. Ma la partita non è finita.
Domani mattina la prefettura dovrebbe notificare al sindaco Vito Leccese la conclusione del procedimento aperto il 26 marzo 2024 con la decisione di non procedere allo scioglimento. Nel frattempo il ministero va avanti su due binari paralleli e senza necessità di rispettare alcun termine (quello per lo scioglimento è scaduto venerdì 7): dalle migliaia di pagine della relazione gemmeranno le sanzioni ai dipendenti e, con un procedimento basato sulle norme a tutela degli appalti, quelli che riguardano due società partecipate...