BARI - Quando parli con Marcello Montanari non serve spiegare cos’è Bari e, meglio ancora, cosa vuol dire indossare la maglia biancorossa. Sa tutto, anche le cose apparentemente più insignificanti. Una città che ha vissuto intensamente, apprezzandone l’infinita passione per la squadra di calcio. Ma sentendo sulla pelle anche la pesantezza delle giornate più buie. C’era anche lui nella storica vittoria contro il Castel di Sangro, con il «San Nicola»... a rischio collasso. C’era anche lui quando le macchine della Polizia scortavano fino allo stadio i calciatori dopo l’allenamento al campo dell’antistadio.
Marcello Montanari, se le dicono Bari cosa le passa per la mente?
«Un mondo. Ricco di colori e profumi indimenticabili. Cinque anni a mille all’ora, una vita intensa, tante pagine da raccontare ai ragazzini di oggi».
Vien da sorridere quando, oggi, si parla di «pressioni». Il nulla cosmico rispetto ai suoi tempi.
«Esistono i livelli in tutte le cose della vita, dunque anche nel calcio. Giocare nel Bari non è per tutti. Chi costruisce la squadra deve sapere che tipo di personalità serve. Ai miei tempi capitava che qualche tifoso ci dicesse “ragazzi, se domenica non si vince... accadranno cose gravi”. Ecco, se queste cose non riesci a gestirle... meglio cambiare città. Però io a Bari ci giocherei per altri cinque anni. Non cancello nulla, nemmeno i momenti più complessi».
Eppure fece clamore il suo addio. Una scelta coraggiosa. Di vita e non un modo di dire che troppo spesso viene utilizzato nella comunicazione contemporanea.
«Fascetti mi disse, ti voglio ancora qui. Era pronto un biennale a 500 milioni di vecchie lire, un contratto importante. Scelsi la Lucchese, scendendo in B a cifre dimezzate».
Cosa c’era dietro?
«A Bari devi essere forte. Piazza stupenda ma tutto faticoso anche a livello psicologico. Quando vidi arrivare al campo Paolo Annoni con la faccia gonfia dopo un’aggressione... mi dissi “Marcello, è finita qui”. Ma nulla è cambiato nel mio cuore. E guai a chi mi tocca il Bari e i suoi tifosi».
Veniamo all’attualità. È cominciato il mercato. Nella sua ultima intervista con la Gazzetta lanciò un consiglio per gli acquisti. A Cesare quel che è Di Cesare...
«Avete buona memoria lì alla Gazzetta. Si, mi scappò una frase del genere. E parlavo del difensore Marcandalli, un classe 2002 che mi piace tantissimo».
Magalini e Di Cesare sarebbero sulle sue tracce.
«Sono sincero, se avessi una cifra da investire lo farei tranquillamente. Non mi sorprende che il Bari lo abbia adocchiato».
Che tipo di calciatore è?
«Il classico difensore moderno. Ottima struttura fisica, il suo punto forte è la capacità di recuperare in progressione. Bravo di testa anche. Di lui mi piace anche la propensione all’anticipo che si sta un po’ perdendo».
Longo vuole che la squadra costruisca dal basso.
«No problem. Con Nesta era la stessa cosa. E lui se l’è cavata egregiamente. Non ha paura, il pallone non gli scotta. Certo, può e deve migliorare. Ma con Longo è in mani sicure».
Conosce bene l’allenatore biancorosso?
«Certo. Siamo stati compagni di squadra nella Lucchese. Credo che con noi ci fosse anche un giovanissimo Ciro Polito. Moreno era un bel terzino, tanta gamba e fisicità. E poi una bravissima persona. Mi dicono sua un bel “martello” con i suoi calciatori. Ditegli che spero possa vincere a Bari, sarebbe una cosa indimenticabile come è stato per me».
Cosa ci racconta della Reggiana?
«Nulla di trascendentale. Una squadra che deve salvarsi, punto. Il Bari è nettamente più forte, diciamo che dipenderà dai biancorossi. Finora la squadra di Viali è stata molto poco leggibile. In alcune occasioni ha mostrato lo spirito giusto per l’obiettivo salvezza, in altre decisamente meno».
Che chiave di lettura dà?
«L’anno scorso c’erano giovani di qualità, due o tre sono finiti in A. Quest’anno è andata peggio. Vergara sta facendo cose discrete, Fontanarosa a corrente alternata. Difficile immaginarli in A a giugno».
Come pensa che Viali possa impostare la partita contro il Bari?
«Credo che la tattica e l’atteggiamento dipendano dalla caratteristiche dell’avversario. Viali ha dato alla squadra una buona organizzazione ma se guardo ai valori delle rose dovrei dire che non c’è partita. Però la B la conosciamo bene... se non sei al top puoi andare in crisi anche contro l’ultima».
Tentiamo il grande pronostico. Quali sono le squadre che voleranno in A senza playoff?
«Sassuolo e Pisa sono avanti a tutte. Poi tutte le altre più o meno sullo stesso livello. Lo Spezia è una buona squadra ma non una corazzata. Il Bari? Può essere la mina vagante. Forza ragazzi, fatemi un bel regalo».