Il ritratto

Mafia e politica, il ruolo di Olivieri secondo la Dda: «Era il deus ex machina dello scambio di voti»

Massimiliano Scagliarini

La requisitoria del pm Marco D’Agostino nel procedimento con il rito abbreviato che riguarda anche l'ex consigliere regionale

BARI -  Giacomo Olivieri «non aveva pudore», e nella ricerca di voti per la moglie Maria Carmen Lorusso candidata al consiglio comunale di Bari nel 2019 «si pone alla pari dei boss mafiosi» cui garantisce favori in cambio di supporto elettorale. Lo ha detto il pm della Dda di Bari, Marco D’Agostino, nella requisitoria davanti al gup Giuseppe De Salvatore relativa alla posizione di Olivieri, 65 anni, l’ex avvocato e consigliere regionale finito in carcere a febbraio nell’ambito del processo Codice Interno.
Secondo l’accusa Olivieri avrebbe stretto accordi con i Parisi, con gli Strisciuglio e con i Montani di cui aveva candidato (in tandem con la moglie) un parente acquisito, Michele Nacci. «Non è necessario dimostrare che i voti siano stati ottenuti con violenza o minaccia - ha detto D’Agostino - basta provare la consapevolezza degli indagati rispetto alla natura mafiosa dei loro interlocutori».

«La caratura mafiosa dei soggetti che vengono contattati da Olivieri, Nacci e Lorusso - secondo il pm - ci consentono di ritenere che le modalità mafiose di riferimento del voto siano in re ipsa quando ci si rivolge ad un soggetto di questo tipo». Olivieri avrebbe insomma individuato intermediari con i clan, sfruttando anche contatti diretti con esponenti mafiosi di primo piano tra cui Savino Parisi, il cui nipote Gaetano Bellomo sarebbe stato curato dal suocero di Olivieri, l’ex primario oncologo Vito Lorusso (pure lui arrestato). In cambio, Olivieri avrebbe chiesto al clan denaro e sostegno elettorale. D’Agostino ha valorizzato le intercettazioni in cui alcuni degli imputati, parlando di Olivieri,usano la parola rispetto. «Rispetto significa potere criminale. Significa fama criminale. Significa quindi criminale capacità di intimidazione derivata dall’esistenza del vincolo associativo»

L’accusa ha richiamato la cena elettorale organizzata a Polignano a Mare, durante la quale Olivieri incontrò Donato e Michele De Tullio e Tommaso Lovreglio, incensurato ma ritenuto vicino al clan Parisi, che in una intercettazione dice di avere già favorito Olivieri in passato. «Il suo interlocutore è Lovreglio - dice il pm - ma le richieste vengono rivolte in realtà a Savino Parisi. Lovreglio agisce per i Parisi».

Il pm ha ricostruito con precisione i presunti legami tra Olivieri e i principali clan mafiosi baresi. Ha parlato di «collaborazione sistematica» con i Parisi, tramite Lovreglio. Per il clan Montani il contatto principale sarebbe stata Bruna Montani, suocera di Nacci e cugina di esponenti di spicco del sodalizio criminale, che avrebbe gestito personalmente la distribuzione di denaro, buoni pasto e buoni benzina per acquistare i voti. Infine, il clan Strisciuglio avrebbe garantito sostegno elettorale attraverso Gaetano Strisciuglio, pure lui incensurato ma ritenuto intraneo al sodalizio criminale: l’accusa ne ha valorizzato la dichiarazione manoscritta con cui l’uomo, ammettendo gli addebiti e spiegando che Olivieri «mi promise un posto di lavoro per mia madre», ha ottenuto la scarcerazione.

D’Agostino ha sottolineato come Olivieri non solo agisse con piena consapevolezza della caratura criminale dei suoi interlocutori, ma adottasse «un linguaggio tipicamente mafioso», ad esempio con le parole crude usate nei confronti di Bellomo (malato di tumore) qualora il clan non avesse garantito almeno 500 voti nel quartiere Japigia.
«Emergono - secondo D’Agostino - accordi chiari sul reperimento dei voti, accompagnati dalla promessa di favori economici e lavorativi in cambio del sostegno elettorale». Il pm ha ad esempio ricordato la promessa di assunzione fatta a Nacci nel caso non fosse stato eletto.

Nell’interrogatorio di questa estate, Olivieri ha ammesso le condotte contestate (lo ha fatto anche con una dichiarazione scritta ai giudici del Riesame che la scorsa settimana hanno confermato la custodia in carcere) ma ha negato di sapere che i suoi interlocutori erano esponenti dei clan mafiosi. E ha poi rilevato che a Japigia la moglie aveva preso appena 60 voti. «Non è necessario verificare l’effettivo condizionamento del voto - ha però detto D’Agostino - ma basta accertare che vi sia stata un’intesa mafiosa per procacciare voti». La requisitoria proseguirà domani per altri imputati.

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