Il caso

Bari, maxi frode con le fatture false: verifiche sulle 165 società coinvolte, pure quella dei fratelli di Emiliano

Isabella Maselli

L'azienda dei parenti del governatore potrebbe aver usufruito del sistema ritenuto illecito per abbattere i costi. Gli arrestati davanti al gip: due dei sei ammettono

BARI - Verifiche fiscali sono in corso su tutte le 165 società coinvolte nella presunta maxi frode da 10 milioni di euro che due giorni fa ha portato alla esecuzione di 6 misure cautelari nei confronti di altrettanti imprenditori e loro sodali accusati di aver messo in piedi il raggiro.

Nel lungo elenco delle ditte nei confronti delle quali le cosiddette «cartiere» hanno emesso le 1.250 fatture ritenute false, ci sono anche imprese insospettabili, in alcuni casi aggiudicatarie di appalti pubblici, operanti nei più disparati settori: edile, recupero per il riciclaggio di materiale plastico e di rifiuti solidi, demolizioni, commercio di autovetture, fabbricazione di olio d’oliva grezzo, farmacie, lotteria e scommesse, servizi connessi ai sistemi di vigilanza, intrattenimento, installazione di impianti elettrici, fabbricazione di utensileria, pulizia, commercio di energia elettrica. I titolari di due di queste società, la Recuperi Pugliesi (nel settore dei rifiuti) e la Global Contact (produzione di infissi e arredi) sono formalmente indagati perché gli importi totali delle fatture - relative stando all’accusa a operazioni o forniture inesistenti - superano la soglia di punibilità, cioè i 100mila euro. Per la prima, infatti, le fiamme gialle hanno accertato in due anni – 2021 e 2022 – elementi passivi fittizi inseriti nelle dichiarazioni dei redditi per oltre 800mila euro, relativi a più di 50 fatture. La seconda, dal 2019 al 2021, avrebbe accumulato passivi fittizi grazie a una cinquantina di fatture per operazioni commerciali inesistenti pari a quasi 500mila euro.

A queste si aggiungono la altre 163 società sulle quali gli accertamenti sono ancora in corso. È il caso della «Emiliano srl», la azienda dei fratelli del governatore pugliese, che avrebbe inserito in dichiarazione passivi legati a una decina di fatture (false) per qualche migliaio di euro. E ancora, tra le tante, ci sono Bon Pan, Fornerie Pugliesi, Eco.Ambiente Sud, CmC, Nautica Ddr, Farmacia Santa Chiara, Lo Sfizietto, Impianti servizi medicali, Iris Bet, Vs Elettrica, Play and Win, Piemme Costruzioni Meccaniche, Non solo strade, Eureka gas e molte altre. Queste società, definite dagli inquirenti, «gli utilizzatori» avrebbero avuto come beneficio la possibilità di abbattere la base imponibile sulla quale determinare le imposte sul reddito e l’Iva dovuta, con notevoli risparmi d’imposta.

Ieri quattro dei sei destinatari delle misure cautelari - sui complessivi 31 indagati - sono comparsi davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia. Enrico Danese ha ammesso le contestazioni, definendosi un «semplice esecutore degli ordini di Francesco Porcelli», ritenuto con Luigi D’Armento la mente del gruppo (per entrambi, agli arresti domiciliari, l’interrogatorio è stato differito al 19 dicembre). Danese e un altro indagato, Nicola Garofalo (entrambi interdetti), titolari di due ditte individuali considerate dalla Procura «cartiere», sarebbero anche stati gli intestatari dei conti correnti utilizzati per incassare le somme bonificate dai clienti per le operazioni fittizie. Danese, come ammesso davanti alla gip, avrebbe prelevato le somme bonificate sul conto per poi consegnarle a Porcelli. A lui sarebbe spettato il 2% dell’importo totale. Anche Antonello Savino - dipendente del centro scommesse gestito da Porcelli, finito ai domiciliari - ha risposto alle domande, ammettendo i trasferimenti di denaro a suo nome ma scaricando su Porcelli la responsabilità delle operazioni. Garofalo e l’altro indagato agli arresti domiciliari, Gaetano Finestrone, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

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