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Bari e la crisi automotive: «Bosch, pronti al cambiamento»

rita schena

Una partita per 1.500 lavoratori, transizione energetica sullo sfondo Bari, dopo l’Ilva, è il secondo sito industriale per numero di addetti in Puglia

BARI - Lo stabilimento Bosch di Bari al centro delle politiche aziendali, senza alcuna intenzione di depotenziamento. È stato detto in maniera chiara la scorsa settimana in seno all’incontro del Comitato aziendale europeo, un concetto ribadito a distanza di un anno. Dichiarazioni che puntano a rasserenare almeno un po’ sul futuro del sito industriale che al momento conta 1.500 dipendenti.

«Già nel 2023 i referenti del comparto Power solution di Bosch spiegarono che lo stabilimento barese non sarebbe stato smantellato, che le professionalità e competenze dei lavoratori erano una tale ricchezza da valorizzare», racconta Enzo Scelsi che nel 2023 faceva parte della delegazione Cae Fim Cisl Bari.

Giudizi positivi che sono stati ripetuti anche lo scorso 20 novembre in sede di una nuova riunione Cae. «Siamo andati in Cae per raccontare quanto si fa qui in Bosch – spiega Samantha Partipilo, delegata Cae Fim Cisl Bari – per far comprendere in sede europea il valore delle risorse umane di un sito che può ancora dare tanto. Bari al momento è ancora legata alla produzione di componentistica per il motore endotermico (all’85% per il diesel) e del settore automotive, ma in una fase di diversificazione e trasformazione abbiamo urgente la necessità di nuovi prodotti e investimenti e soprattutto di tempo che metta in grado i lavoratori di acquisire le nuove competenze per processare tecnologie alternative».

«Alle rassicurazioni che si susseguono, vorremo verificare i fatti mette in risalto il segretario generale Fim Cisl Bari Donato Pascazio -. Ecco perché ci teniamo a sottolineare che lo stabilimento Bosch di Bari e i suoi lavoratori sono ampiamente disponibili ad accogliere prodotti diversi rispetto all’oggi, anche se questo dovesse prevedere un trasferimento di comparto. A patto che sia mantenuto l’attuale livello occupazionale. Questo per noi è un punto imprescindibile. I segnali che arrivano dall’azienda sono positivi, ne siamo felici, ma ora chiediamo un tavolo ministeriale di monitoraggio. Le segreterie nazionali di Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm e Ugl hanno già inviato una richiesta in tal senso ad ottobre, ora ne faremo partire una seconda. Serve capire a che punto è l’accordo sottoscritto per lo stabilimento Bosch nel 2022, a che punto è realmente la diversificazione produttiva che appare sempre più indispensabile, anche alla luce di un contrarsi di produzioni legate al diesel e ai motori delle bici elettriche».

Lo stabilimento Bosch di Bari è il secondo sito industriale per numero di addetti a livello regionale dopo l’Ilva. Nel luglio 2022 fu raggiunto un accordo che garantiva la continuità del sito fino al 2027, ma parallelamente doveva partire una riconversione produttiva che venisse incontro con le trasformazioni del settore automotive. Sull’altro piatto delle bilancia l’azienda aveva posto ben 700 esuberi, oltre un terzo della forza lavoro totale.

«Dal 2022 ad oggi siamo quasi a metà del percorso di riconversione – dice la Partipilo -, lo abbiamo anche ricordato in sede Cae. Ecco perché si delinea con forza l’esigenza di conoscere l’orientamento industriale dei prossimi anni e verso quale linee di prodotto. Tanto più che siamo in scadenza con gli ammortizzatori sociali. Al momento siamo in contratto di solidarietà con copertura entro il maggio 2025. E dopo?».

«La normativa prevede per le riconversioni, per l’ingresso di nuovi progetti o prodotti la possibilità di accedere a processi burocratici semplificati e a sgravi fiscali che possono aumentare la competitività industriale e sui mercati – mette in evidenza Damiano Racaniello rsu Bosch -, ma questi nuovi progetti o prodotti ci devono essere. Al momento l’unica cosa che contiamo sono quanti vanno via, accettando l’esodo incentivato proposto dall’azienda. Solo nel 2024 sono stati 82».

Gli operai Bosch sono preoccupati. Lo stop alla produzione dei motori diesel o benzina del 2035 si avvicina come fosse una ghigliottina, con una riconversione all’elettrico che lascerà parecchi morti alle spalle. Per montare un motore elettrico servono molti meno operai rispetto ai motori endotermici, il che comporterà tagli dolorosissimi nel settore meccanico automotive, se non si attiverà una seria riconversione; senza dimenticare, tra gli altri ambiti coinvolti dalla transizione all’energia elettrica, a tutte le pompe di benzina che in un panorama di auto elettriche non avranno più motivo di esserci.

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