BARI - «Lavoro da quando avevo dieci anni. Sono stanco, ma sogno che qualcuno spinga ancora il pedale per attivare il mio forno. Per cuocere focaccia, pane e taralli. Vorrei tanto che qualcuno portasse avanti il mio panificio. Se qualcuno fosse interessato si faccia avanti».
Nicola Violante, settantacinque anni, è l’ultimo proprietario del Panificio Santa Teresa, nel cuore della città vecchia e a pochi passi dalla chiesa intitolata alla santa di Avila. «Mi sporco le mani con la farina da quando ero un bambino. Ho imparato il mestiere prima con mio nonno, poi con mio padre. Un mestiere faticoso e fatto di sacrifici. Purtroppo, le mie tre figlie non sono interessate a mandare avanti l’attività di famiglia e sono costretto a chiudere».
Il 31 dicembre quindi Nicola sfornerà le sue ultime focacce e il suo ultimo pane e abbasserà la saracinesca. «Il mio è l’unico forno rotativo della città. Un tipo di forno particolare che garantisce pane croccante». Dopo la chiusura del forno di Japigia e di via Ettore Ferramosca, quello di Bari vecchia è l’unico in Puglia. Rischia ora di spegnersi per sempre.
«Purtroppo, questo lavoro non vuole farlo più nessuno. Alle cinque del mattino siamo qui e cominciamo a infornare. Solo a sera torniamo a casa. Ora i ragazzi non sono più disposti al sacrificio. Non vogliono lavorare il sabato e la domenica e non vogliono svegliarsi presto». Violante è il forno di riferimento a Barivecchia dal 1950. Ora anche i turisti conoscono l’antico forno e in fila aspettano di gustare la focaccia con il pomodoro.
Il forno di Nicola è anche il punto di riferimento per una delle feste più intime e sentite della città vecchia quella dedicata a Santa Teresa.
Nel 2014 proprio dinnanzi al panificio a lei intitolato si suggellò il gemellaggio tra Bari e Avila, la città spagnola dove è nata la santa. Tutta storia. Così come i ricordi di Nicola e della sua infanzia. Dei pellegrini che acquistavano il pane con il buco al centro e che legavano a una “zoca” per tutto il viaggio. Delle nonne e delle zie e del loro via vai per infornare i dolci di Natale. Una generazione che ormai non c’è più. Restano nel panificio le foto in bianco e nero, le navi in legno offerte dai marinai a Nicola in cambio di un tozzo di pane.
E poi c’è il Santo Patrono vestito di carta pesta. «Sono nato e cresciuto a pochi passi dalla Cattedrale - racconta il fornaio - San Nicola ha protetto il nostro forno per tre generazioni. Ora? Aspettiamo il miracolo entro il 31 dicembre».